Pagina 116 - Self Rivista - Anno 1 n°3

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Robert Stolorow) ha dato un contribuito col concetto di “antidoto”
(Orange, Atwood e coll. 1997). Gli antidoti, sentiti come
indispensabili per contrastare principi organizzatori annientanti e
insopportabili, si possono rintracciare nella dipendenza da sostanze,
nelle perversioni sessuali e nelle attività grandiose.(2)
Noi consideriamo il processo interpretativo in psicoanalisi,
l’articolazione progressiva della comprensione emotiva emergente
da un sistema intersoggettivo, come un’alternativa relazionale a
quelle convinzioni emotive mantenute rigidamente (Orange,1995) o
principi organizzatori (Stolorow, Brandchaft e coll, 1987) che
possono avvelenare le nostre vite, come pure ai loro antidoti.
In modo simile voglio offrire un’alternativa filosofica al
riduzionismo, che percepisco stia tornando a galla per infettare
molta teoria e prassi psicoanalitica che sarebbe altrimenti buona.
Cosa è il riduzionismo? Ecco una definizione e spiegazione del
filosofo della mente Thomas Nagel:
“Una riduzione è l’analisi di qualcosa che viene identificato ad un
certo livello di descrizione nei termini di un altro livello di
descrizione più fondamentale - che ci consente di dire che il primo
non è niente altro che il secondo… quando diciamo che il calore
consiste nel movimento delle molecole, noi intendiamo che il calore
come proprietà intrinseca degli oggetti caldi è niente altro che il
movimento delle loro molecole. Tali oggetti producono in noi la
sensazione di calore quando li tocchiamo, ma chiaramente non
abbiamo identificato quella sensazione con il movimento molecolare
- in verità la riduzione dipende dal fatto che abbiamo lasciato fuori
qualcosa” (1995, pp. 98-99).