Pagina 28 - Self Rivista - Anno 1 n°3

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costruire una storia o un’interessante narrazione alternativa. Al
contrario, la testimonianza rispetta la brutalità e/o il vuoto dei “dati”
di una vita: un genitore morto, un genitore schizofrenico o suicida, la
tortura, l’incesto, e così via; la testimonianza cerca di trovare
significato in ciò che è brutalmente assurdo, come pure nella graduale
distruzione dell’esperienza personale. In altre parole una persona, in
un nuovo contesto relazionale, ha una seconda opportunità evolutiva
di trovare e creare un mondo personale di significati.
D’altra parte anche noi analisti abbiamo le nostre storie dove forse
non sono mai stati riconosciuti davvero i traumi e le mancanze di
validazione. Ciò vuol dire che ci sarà sempre un piccolo numero di
pazienti che non tutti noi possiamo prendere in trattamento, e che di
questo non c’è da farne colpa a nessuno. Ma io credo - come George
Atwood che ha dedicato la sua vita a studiare le esperienze più
estreme di devastazione e perdita di sé - che tutte le esperienze
umane siano comprensibili da qualcuno. E quando so, da qualche
parte dentro di me, che il tormento di questo paziente è qualcosa con
la quale posso lavorare, pur se ad un costo altissimo per me, allora
ho bisogno del coraggio di farlo e del sostegno di una comunità
psicoanalitica. Il paziente dice: “Non voglio andare là, non posso
permettermi di conoscere queste cose”. L’analista dice con paura e
tremore: “Possiamo andarci insieme”. Auguro agli analisti di trovare
sia il coraggio che la comunità analitica di cui abbiamo bisogno per il
nostro lavoro.