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che accade qualcosa che è più convalidante di qualsiasi altra
convalida.
Questa delle vicende che avvengono in diretta tra paziente e
analista è una parte importante di un discorso relazionale-
intersoggettivo. Se la vicenda che si svolge tra paziente e analista
non viene messa in gioco o in evidenza, sembra quasi che essere
“intersoggettivi” significhi riconoscere che la mente si forma nella
relazione con gli altri, quelli dell’infanzia, quelli della vita fuori della
stanza di analisi e non anche dentro, in quella relazione
paziente/analista che è anch’essa una relazione umana, che va
incontro al rischio di ammalare, come le altre, e necessita di essere
continuamente curata. Soltanto così la vita fuori e la vita dentro la
stanza d’analisi, il passato e il presente, possono trovare continuità
e coerenza, così come la vita notturna e la vita diurna di una
esistenza minimamente normale.
I punti che ho evidenziato vogliono soltanto essere spunti per
la discussione. Concludo ringraziando il dottor Atwood per avere
scritto un articolo molto bello e molto chiaro che sarà sicuramente
importante per chiunque si occupi di persone sofferenti, e per chi si
occupa di pazienti gravi in particolare.