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espunto, Atwood propose una definizione non oggettivista e
dialogica delle illusorie convinzioni psicotiche: “Le illusioni sono idee
la cui validità non può essere messa in discussione”. Questa
definizione ben si adatta a una proposta che avevamo fatto una
dozzina di anni prima: quando le esperienze percettive ed
emozionali di un bambino cozzano con massicce e consistenti non-
convalidazioni da parte dell’ambiente, allora la credenza del
bambino o della bambina nella realtà di tali esperienze rimarrà
instabile e soggetta alla dissoluzione. Inoltre, in queste circostanze
che danno adito a una predisposizione, le idee illusorie potrebbero
sviluppare ciò che “serve per drammatizzare e reificare [una]
realtà psichica compromessa ... restaurando [la] evanescente
credibilità nella sua validità” (Stolorow, Brandchaft, & Atwood,
1987, p. 133). Le idee illusorie venivano comprese come una forma
di assolutizzazione - una radicale decontestualizzazione al servizio
di vitali funzioni di reintegrazione difensive. Le esperienze isolate
dal dialogo non possono essere discusse o non convalidate.
Dopo aver ascoltato la presentazione di Atwood, cominciai a
pensare al ruolo che questa assolutizzazione gioca inconsciamente
nella vita di tutti i giorni. Quando una persona dice a un amico, “ci
vediamo dopo” o un genitore dice a un bambino dandogli la
buonanotte, “ci vediamo domattina” queste sono espressioni, come
le illusioni, la cui validità non è messa in discussione. Questi
assolutismi sono le basi per una sorta di realismo
naive
e di
ottimismo che permette di funzionare nel mondo dove le esperienze
sono stabili e prevedibili. E’ nell’essenza stessa del trauma
psicologico la frantumazione di quest’assolutismo, una catastrofica
perdita di innocenza che altera in modo permanente il proprio senso
di essere nel mondo. La massiccia de-costruzione dell’assolutismo
della vita quotidiana espone all’inesplicabile contingenza di esistere