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sembra che ogni linguaggio dovrebbe contenere termini che
mantengono esattamente lo stesso posto nel sistema di significato
del proprio linguaggio come i termini corrispondenti lo mantengono
nell’altro linguaggio. In questo caso abbiamo due linguaggi identici
e non c’è bisogno di traduzione. Anche nei linguaggi naturali non
c’è traduzione senza cambiamento (di solito una perdita) di
significato anche quando la traduzione è vista come interpretazione.
Forzarli a “corrispondere” l’uno con l’altro è sempre un atto di
violenza (5). Il mio modo di vedere, ovviamente con un debito nei
riguardi di Wittgenstein, è espresso bene dal filosofo americano
Donald Davidson :
E’ una caratteristica dell’attività fisica che il cambiamento fisico
possa essere spiegato da leggi che lo connettono con altre
condizioni e cambiamenti descritti fisicamente. E’ una
caratteristica del mentale che l’attribuzione di fenomeni mentali
deve corrispondere al background di ragioni, convinzioni ed
interazioni dell’individuo. Non vi possono essere collegamenti
stretti tra i vari campi se ognuno deve conservare la sua fedeltà
alle sue proprie fonti di prova. (p. 222).
Aggiungerei soltanto che l’individuo deve essere sempre visto in
contesti sistemici di sviluppo relazionali, temporali, storici. Il
mentale, per me, è il mondo esperienziale dei sistemi
intersoggettivi e non si traduce in termini neurali o di apparato
senza la perdita di significato, che generalmente si comprende sia
implicata nel riduzionismo.
La scienza cognitiva, che domina attualmente la discussione
filosofica in America, ed è di moda in maniera crescente tra i teorici
psicoanalitici, è per me, e apparentemente per i suoi proponenti, un