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tale organizzazione soggettiva dell’esperienza è una prospettiva
su una realtà più ampia. Non raggiungeremo pienamente né
conosceremo questa realtà, ma continuamente la avviciniamo,
apprendiamo da essa, la descriviamo in parole e partecipiamo ad
essa. … Se da una parte questa visione esclude sia il realismo del
senso comune, sia le teorie della verità come corrispondenza e
l’empirismo scientifico, non esclude la possibilità di un realismo
dialogico, comunitario o prospettico. In un realismo moderato di
tal fatta il reale è un processo che emerge e si autocorregge, che
è accessibile soltanto in parte mediante la soggettività individuale
ma che è sempre più conoscibile attraverso il dialogo
comunitario. (pp. 71-72)
Scrivendo ora, sottolineerei inoltre che ciò che noi comprendiamo
è esso stesso temporale ed emergente, non un testo preesistente o
“un fatto”. Il processo di giungere a comprendere crea un “di più da
comprendere”, e questo processo non è reversibile o riducibile a
“stati” precedenti e alternative dialettiche. Esso consente non
soltanto l’espansione, ma il cambiamento delle organizzazioni
dell’esperienza. Il vecchio detto che il tutto è più che la somma
della sue parti è, io credo, l’intuizione cruciale degli anti-riduzionisti.
È per questo che coloro che riflettono sul caos e sui sistemi parlano
dei loro sistemi in quanto sistemi gerarchici. La nuova gestalt, o
prospettiva, o comprensione, che emerge è realmente più
complessa e quindi appartiene a un livello diverso di discorso (un
diverso gioco linguistico) in base agli elementi dai quali viene
ritenuto sia composto. Di conseguenza, anche se le condizioni
neurali per la possibilità che certi processi relazionali o emozionali
possono essere identificate, siamo soltanto ritornati al progetto di
Freud. Non siamo ancora coinvolti nel processo relazionale e di