Pagina 136 - Self Rivista - Anno 1 n°3

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bisogno soltanto di ricevere pazienti da analisti di orientamenti
clinici diversi – e meritano quindi la nostra accurata attenzione
filosofica.
Un’altra influenza è stata quella di Hans George Gadamer, le
cui descrizioni fenomenologiche/ermeneutiche della comprensione
dialogica rendono il mio realismo prospettivista una epistemologia
del processo emergente. Per Gadamer, ogni verità nasce
dall’intergioco di prospettive, ciascuna portando il proprio carico di
tradizione e di preconcetti:
Nel leggere un testo, nel desiderare di comprenderlo, ci
aspettiamo sempre che ci informerà di qualcosa. Una coscienza
formata dall’atteggiamento ermeneutico autentico sarà ricettiva
alle origini e alle caratteristiche completamente estranee di ciò
che le arriva dal di fuori dei propri orizzonti. Eppure questa
ricettività non viene acquisita con una “neutralità” oggettivista:
non è possibile, né necessario, né desiderabile che noi ci poniamo
tra parentesi. L’atteggiamento ermeneutico presuppone soltanto
che noi coscientemente indichiamo le nostre opinioni e pregiudizi
e li qualifichiamo come tali e, nel fare così, li spogliamo del loro
carattere estremo. In accordo con tale atteggiamento,
garantiamo al testo l'opportunità di apparire come qualcosa di
autenticamente differente e di manifestare la sua verità, al di
sopra e contro le nostre nozioni preconcette (1979, p.151-152).
Qui vediamo diversi aspetti dell’atteggiamento ermeneutico che
contribuisce al realismo prospettivista come epistemologia
psicoanalitica. Primo, vi è l’assunto che ci sia qualcosa in
discussione: a “testo” possiamo sostituire la storia del paziente, la
sofferenza del paziente, un’incomprensione tra paziente e analista,