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oppure il sistema di riscaldamento o di raffreddamento dello studio
dell’analista. Questo qualcosa avanza le sue richieste nella
discussione e ci chiede di identificare e riconoscere i nostri
preconcetti e così “spogliarli del loro carattere estremo”. Siamo
quindi capaci di riconoscere i nostri punti di vista con una
prospettiva, in modo che l’argomento stesso (
die Sache selbst
) può
mostrarsi come altro. In aggiunta, naturalmente, possiamo dire ai
nostri pazienti e colleghi, i quali hanno accesso a realtà che ci sono
nascoste dalla nostra stessa prospettiva – questo è ciò che significa
essere altro. Dovremmo sempre aspettarci, secondo Gadamer, che
l’altro testo, l’altra persona, possa insegnarci qualcosa. Nel suo
pensiero, il fallibilismo di Peirce diventa la ricettività alla prospettiva
di altri. La nostra prospettiva limitata ci lascia la probabilità di
essere in errore, almeno parzialmente, perché siamo tentati di
assumere la nostra opinione o visione come un buon resoconto del
tutto. Soltanto nel dialogo giocoso con persone o testi o lavori
d’arte (questo include la discussione seria di questioni serie),
abbiamo l’opportunità di superare le gravi limitazioni della nostra
capacità solitaria di intendere una cosa e ci consente più verità, e
l’emergere di verità-come-comprensione-possibile (Frank, 1992).
Juergen Habermas, filosofo autorevole della Germania dell’ultima
parte del ventesimo secolo, aggiunge una dimensione etica al mio
pensiero sui problemi della realtà e della verità in psicoanalisi. Per
lui (1992), la giustizia politica dipende dalla conversazione tra le
persone che si presuppone siano interessate a soluzioni ragionevoli
dei problemi della comunità. La sola società giusta è quella che
rispetta le sue diverse voci e prospettive, e assume che nessuna
voce (qui dobbiamo saper ascoltare il suo “mai più un’altra volta”)
possiede la verità o l’intelligenza accurata della realtà. Gump
(2000) emette una nota simile nella psicoanalisi americana, con la