Pagina 141 - Self Rivista - Anno 1 n°3

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Note
1. Ancora una volta sono grata ai miei colleghi ed amici George
Atwood, Lynne Jacobs e Robert Stolorov per i loro commenti e
incoraggiamenti.
2. Sono grata della chiarificazione offerta da Buirski e Monroe
(2000): “Il termine antidoto, che suggerisce una cura, che
contrasta gli effetti di un veleno, manca di precisione. Gli stati di
annientamento sottostanti non sono curati ma ricoperti. Come
quando dipingiamo sulla ruggine, l’alterazione sottostante continua
a distruggere al di sotto della superficie che appare sana.
Un’analogia medica, come il continuo bisogno di insulina per
controllare il diabete, può essere molto pertinente. L’insulina non
guarisce il processo morboso. Piuttosto contrasta gli effetti dannosi
del processo morboso, ma soltanto fino a quando continua ad
essere somministrata. Il bisogno di una applicazione continua è ciò
che dà all’antidoto la qualità di sostanza che dà dipendenza. Con
questa chiarificazione in mente, continuiamo a riferirci alla funzione
di compenso come un antidoto.” (p.82). Anche gli antidoti a cui mi
riferisco sono più simili all’insulina.
3. Vedi il filosofo canadese Ian Hacking (1999) sull’uso di “parole
ascensore” – come realtà, fatti, verità e conoscenza, che, per
notare l’ironia, hanno spesso un effetto riduttivo.
4. Un’altra definizione: “riduzionismo è qualsiasi dottrina che cerca
di tradurre completamente un tipo di concetto in un altro, più
basilare e con una migliore conferma empirica. Di qui una dottrina
che riduce un tipo di evento o cosa in un altro. Ridurre una teoria