Pagina 33 - Self Rivista - Anno 1 n°3

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contenuti e che guarda fuori su un mondo esterno da cui è
essenzialmente estraniata. Tra i filosofi forse la sfida più importante
alla scissione cartesiana tra il soggetto e l'oggetto fu portata da
Heidegger (1927). In forte contrasto con il soggetto distaccato e
privo di mondo di Cartesio, per Heidegger l'Essere della vita umana
era sin dai primordi inserito e impegnato “nel-mondo”. Nella visione
di Heidegger, l'Essere umano é saturato dal mondo in cui dimora,
proprio come il mondo abitato è impregnato dei significati e delle
intenzioni umane. Alla luce di questa fondamentale
contestualizzazione, la concezione dell'affetto di Heidegger è
particolarmente degna di nota.
Il termine che Heidegger usa per "affettività" (sentimenti e
stati d'animo) è Befindlichkeit, un termine caratteristicamente
ingombrante che egli inventò per catturare una dimensione
basilare dell'esistenza umana. Letteralmente la parola potrebbe
essere tradotta “come-uno-trova-il-proprio -senso-di-sé”. Come
Gendlin (1988) ha sottolineato, il termine di Heidegger per
affettività denota sia il modo in cui una persona sente, sia la
situazione in cui una persona prova il sentimento, un senso
sperimentato di sé stessi in una situazione, precedente alla
scissione cartesiana tra interno ed esterno. Per Heidegger,
Befindlichkeit - affettività - è un modo di vivere, di essere-nel-
mondo, profondamente inseriti in un contesto costitutivo. Il
concetto di Heidegger sottolinea la squisita dipendenza dal
contesto e la sensibilità al contesto della vita emotiva umana.
La mia attenzione sistematica all'affettività è iniziata con un
primo articolo scritto insieme a Daphne Socarides Stolorow
(Socarides e Stolorow,1984-85), che tentava di integrare la nostra
prospettiva intersoggettiva in evoluzione, con lo schema della
psicologia del sé di Kohut. Nel nostro proposito di ampliamento e di