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dell'esperienza emotiva del bambino possono rimanere inconsci,
non perchè essi siano stati repressi ma perché in assenza di un
contesto intersoggettivo di validazione, essi semplicemente non
erano mai in grado di venire formulati. Con entrambe le forme di
inconscio, pensavamo che gli orizzonti dell'esperienza prendessero
forma nel medium di differenti responsività dell'ambiente a
differenti regioni dell'affettività del bambino. Vediamo come si
possa applicare questa concettualizzazione nella situazione
psicoanalitica nella quale, come ho notato nel paragrafo
precedente, si può mostrare come la resistenza del paziente fluttui
insieme con la percezione della variabile ricettività e
sintonizzazione dell'analista all'esperienza emotiva del paziente.
Durante il periodo preverbale dell'infanzia, la formulazione
dell'esperienza affettiva del bambino è raggiunta attraverso le
sintonizzazioni comunicate in un dialogo sensomotorio con i
genitori. Con la maturazione delle capacità simboliche del bambino,
i simboli gradualmente assumono un posto preminente accanto alla
sintonizzazione sensomotoria, come veicoli attraverso cui
l'esperienza emotiva del bambino è validata entro il sistema di
sviluppo. Pensavamo quindi che in quell’ambito di esperienza in cui
la coscienza incomincia sempre più ad articolarsi in simboli,
l'inconscio divenga co-esteso con il non simbolizzato. Quando l'atto
di formulare un'esperienza affettiva è percepito come una minaccia
al legame indispensabile, la rimozione può essere raggiunta
attraverso il prevenire la continuazione del processo di codificazione
di quella esperienza in simboli. La rimozione mantiene l'affetto privo
di un nome.
L'attenzione sull'affetto contestualizza proprio il confine tra
inconscio e conscio. A differenza della barriera di rimozione
freudiana, vista come una struttura intrapsichica fissa all'interno di