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Nella psicoanalisi freudiana, e generalmente nella psichiatria
tradizionale, il giudizio se le esperienze del paziente sono in linea
con questo mondo oggettivamente vero, è lasciato all’osservazione
del clinico, che si presuppone sia in una posizione privilegiata per
poter determinare cosa sia o non sia vero e reale.
In una cornice fenomenologica post-cartesiana come devono essere
viste le differenze cliniche tra la nevrosi e la psicosi? Questo
problema è coerente alla luce del fatto che questa distinzione
assoluta si basa su fondamenti cartesiani? Concentrarsi
sull’esperienza ci conduce lontano dal giudicare della veridicitá di
cosa sia percepito e creduto, e ci porta verso una valutazione delle
realtá personali e dei mondi soggettivi nei loro termini, senza alcun
riferimento allo standard esterno del Reale. Se da un lato si
riconosce che un approccio rivisitato di questo tipo mina
necessariamente le basi per ogni sottile dicotomia tra questi
raggruppamenti psicopatologici, e che piú propabilmente ci
troviamo a lavorare con una sorta di continuum definito da varie
dimensioni della soggettivitá, dall’altro lato potremmo dare una
risposta preliminare secondo cui le cosiddette psicosi mostrano
delle esperienze che non appaiono con la stessa rilevanza
nell’ambito di quelle diagnosticate come nevrotiche o normali.
Queste esperienze, come detto sopra, ruotano attorno al tema
dell’annichilimento personale, soggetto che noi considereremo
adesso in modo piú dettagliato.