Pagina 54 - Self Rivista - Anno 1 n°3

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sembra essere una esagerazione oltraggiosa, potrebbe essere
compreso, se considerato soggettivamente, come qualcosa che
rinforza il senso di esistere di una persona, come se quella persona
possedesse un certo potere e una soggettività, come se la sua
esperienza appartenesse solo a lei stessa, come se il proprio mondo
avesse coerenza e fosse perpetuamente reale. La pretesa delirante
di essere i padroni del mondo, per esempio, potrebbe
profondamente racchiudere la sensazione della dissolvenza delle
proprie percezioni e dei propri pensieri. Allo stesso modo,
affermazioni stravaganti di capacità e conquiste personali
potrebbero cristallizzare e intensificare un’esperienza altrimenti
pericolosa di autonomia e senso di essere iniziatori delle proprie
azioni. Le visioni di discendere da una famiglia reale o di
rappresentare il figlio prescelto di Dio, accentuano e proteggono un
evanescente senso di connessione a un altro che sostiene il mondo.
L’idea che una persona sia penetrata nel più intimo segreto del
cosmo, che conosca la chiave per comprendere le interrelazioni di
tutte le cose esistenti, custodisce e preserva l’integrità del mondo
personale a fronte del pericolo della sua totale disintegrazione. In
ognuno di questi esempi, il dato problematico non è rappresentato
dal fatto che queste qualità idealizzate o grandiose siano attribuite
a se stessi o agli altri; è piuttosto che l’universo personale
dell’individuo viene assalito e si trova in pericolo di essere
annichilito.
Occupiamoci ora dei contesti intersoggettivi in cui prendono
forma le esperienze che abbiamo descritto.