Pagina 57 - Self Rivista - Anno 1 n°3

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dell’interlocutore, il quale considera le cose da un punto di vista
cartesiano, le risposte della paziente sono assolutamente
incomprensibili. La domanda è stata posta in modo chiaro e
appropriato dopo tutto, e le risposte si presentano prive di
un’apparente connessione con quello che è Vero e Reale. La
paziente al massimo è lontana solo qualche metro piuttosto che
anni luce, e non esiste alcuna macchina al mondo che possa fare
ciò che la paziente afferma in questo momento. Evidentemente, egli
pensa, l’emotività e le vulnerabilità di questa paziente sono tali, che
la più sottile interazione umana dà adito a reazioni bizzarre causate
da processi patologici nella mente e/o nel corpo della paziente. Così
è iniziata una disgiunzione intersoggettiva che si alimenta
reciprocamente, nella quale l’interlocutore attribuisce i difetti alla
mente/cervello della paziente, proprio come la paziente sente la
propria mente/cervello come se fossero penetrati e abitati da
influenze sconosciute.
Immaginiamo adesso un secondo individuo che parla alla
paziente in modo diverso, che trova il modo di riconoscere il senso
di non esistenza della paziente e che comprenda inoltre la sua
prontezza ad arrendersi a tutto quello che le venga attribuito. Egli
parlerà alla paziente in terza persona, trasmettendo la sua
conoscenza di quanto sia terribile non esistere, e fa sapere alla
paziente, utilizzando esempi molto concreti, che lei non è sola nella
catastrofe rappresentata dalla situazione che sta attraversando in
questo momento della sua vita. La paziente, sorpresa da questo
approccio così differente, inizia a sentirsi veramente compresa e,
paradossalmente, inizia a sentire una vibrazione nella sua stessa
esistenza, dei momenti di esistenza appena percepiti alternati alla
continua sensazione di non esistenza o di non essere. Questi
momenti di esistenza, che si manifestano in seguito all’esperienza