Pagina 58 - Self Rivista - Anno 1 n°3

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validante di essere vista e riconosciuta, contengono una dolorosa
vitalità, che contrasta drammaticamente con l’intorpidimento e il
senso di morte che accompagnano il senso di non esistenza.
Probabilmente la paziente, dopo un lasso di tempo, dirà di essere
stata punta da uno sciame di api, dando forma a quei sporadici
momenti di vitalità che si alternano agli episodi familiari di morte e
di non essere. Immaginiamo piuttosto che questa seconda persona
percepisca allo stesso modo la metafora di questo delirio
transitorio, e trovi i modi per affrontare l’esperienza ambivalente
che la paziente sta avendo nel tornare alla vita. In questo modo, il
suo senso di esistenza si rafforza nuovamente, attraverso
l’incomparabile potere del riconoscimento umano. La prontezza
della paziente ad arrendersi alle attribuzioni e alle definizioni degli
altri, per se stessa inscritta in una complessa e infinita storia di
transazioni intersoggettive, non è implicata in primo piano in questa
seconda interazione e quindi non appare né come un difetto e
tantomeno come una vulnerabilità operativa nelle esperienze che si
sviluppano. Questo accade poiché, in questo caso, il campo
intersoggettivo è caratterizzato da un lato dal graduale sviluppo
della comprensione e dall’altro dalla predominanza della convalida e
da un sempre maggiore senso di esistere.
Nell’esempio citato precedentemente, possiamo riscontrare
come un clinico che lavori basandosi su assunti cartesiani, non sia
nella posizione di poter comprendere le esperienze del non essere.
Agli occhi di un osservatore del genere, semplicemente non è vero
che la paziente non esiste, non è vero che sia assente, e la sua
esclamazione sulle macchine che la influenzano utilizzando raggi
penetranti sembra delirante in modo bizzarro. Naturalmente, ogni
singola reazione da parte del clinico a questa visione, intensifica
l’esperienza di non convalida e annichilimento della paziente,