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messe a tacere, indebolendo il suo reale senso di sé mano a mano
che il sentimento di morte si espandeva e approfondiva. In che
modo si può comprendere queste forti richieste religiose
apparentemente fantastiche, nel contesto dell’ abbandono e della
devastazione personale? L’analista cartesiano, seguendo Freud, si
concentra inevitabilmente sulla evidente disparitá tra quello che la
paziente crede e la realtá oggettiva della sua vita, percependo una
carenza nel verificare la realtá, una rottura con l’oggettivamente
reale, e la creazione, al suo posto, di una alternativa idealizzata. Da
questo punto di vista, sia le tumultuose fantasie religiose che i
deliri, appaiono come succedanei soddisfacenti della perduta
connessione con il padre, e il disturbo della paziente sembra
consistere precisamente nella sua immersione in queste fantasie, a
scapito della triste e dolorosa situazione reale. Al contrario,
un’analisi intersoggettiva, si focalizzerebbe su come i cosiddetti
deliri della paziente proteggano e preservino un mondo
frammentato, su come ricostruiscano una realtá personale che era
stata sostanzialmente annientata, su come essi rappresentino un
tentativo di resuscitare un legame che sostenga il mondo nel corso
di una esperienza di completo annullamento. Lungi dall’esprimere
un decollo dalla realtá dolorosa, secondo questa visione post-
cartesiana, si comprende come ella abbia utilizzato i simboli della
sua fede per incapsulare i resti del legame distrutto con il padre e
quindi mantenere uno stato di sospensione su tutto quello che era
di piú reale nel suo mondo e nella sua stessa esperienza. Le
incessanti richieste di essere unita a Gesú Cristo, che la paziente
reiterava aggressivamente nel corso delle prime fasi del
trattamento, erano quindi lamenti per poter mantenere una
connessione che salva il mondo dalla quale dipendeva la sua stessa
esistenza.