Pagina 63 - Self Rivista - Anno 1 n°3

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quest’ultimo emozionalmente potente, calmante e rassicurante nel
suo effetto.
L’analista imporrá quindi la sua presenza, all’inizio fisicamente
sia nel tempo che nello spazio, apparendo via via regolarmente e
orientando l’attenzione del paziente verso interazioni di vario tipo
semplici e concrete. Quando alla fine - ed inevitabilmente lo
saranno - l’insieme di tutti gli sforzi deliranti si rivolgeranno verso
di lui nel tentativo di salvare se stessa ed il suo mondo, ed ella
richiederá di riunirla con l’uomo che crede essere Gesú Cristo, egli
gentilmente ma fermamente risponderá dicendole che esiste solo
una persona al mondo che lei dovrebbe essere preoccupata di
incontrare e che quella persona é lui stesso. Egli inoltre le
spiegherá che non vi saranno incontri con nessuno eccetto che tra
di loro, e il lavoro che svolgeranno insieme la fará sentire
nuovamente bene e ritornerá a casa dalle persone che la amano.
In tutti questi interventi, l’analista è mosso dalla
consapevolezza di dover essere colui che “eredita” le ambascie della
paziente, e che la relazione con lei rappresenta il principale campo
di battaglia sul quale elaborarne la sopravvivenza psicologica. Come
risponderá la paziente a tutto questo? Il processo delirante, lungi
dall’essere esacerbato, inizia a diminuire nel momento in cui
l’analista diventa la persona in relazione alla quale la paziente può
recuperare il senso di se stessa e della realtá del suo mondo
distrutto. All’inizio la dipendenza nei confronti dell’analista è
estrema, tanto che lei afferma perfino che il suo nuovo terapeuta
possiede un qualche
status
speciale rispetto a Dio Onnipotente.
Queste espressioni vengono capite dal terapeuta come riflesso del
potere del legame che si sta formando, legame che sottende un
universo frammentato che sta nel bel mezzo di un processo di
riassemblaggio. L’analista di conseguenza non dà risposte a queste