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Trauma e annichilimento
Come mai alcune persone rispondono al trauma con un riuscito
atto dissociativo, che lascia cioè relativamente intatta
l’organizzazione del loro mondo, mentre invece altre persone
regiscono con l’esperienza di dissoluzione di sé e del proprio
mondo? I punti di vista psicoanalitici tradizionali tendono a
rispondere a questa domanda con concetti come quello di forza
dell’Io, che rinvia a un fattore di resistenza intrinseca esistente
all’interno della mente isolata dell’individuo. Si è spinti a questo tipo
di spiegazione nella misura in cui il trauma è concepito in modo
rozzo ed esteriore; quindi si osservano menti differenti che
rispondono in modo differente agli stessi avvenimenti oggettivi.
La teoria psicoanalitica post-cartesiana se da una parte non
nega l’esistenza della forza individuale, dall’altra riconosce che le
risorse di ognuno entrano in gioco nell’ambito di specifici campi
intersoggettivi. Inoltre, la natura del trauma stesso viene compresa
in modo variabile parzialmente in funzione del contesto relazionale
e storico in cui esso avviene. L’esperienza del trauma che conduce
all’annichilimento, inscritta nel suo particolare contesto,
probabailmente differisce notevolmente da quella in cui avviene una
dissociazione. In che cosa consiste questa differenza? Cercheremo
di rispondere a questa domanda rivolgendoci di nuovo a una storia
clinica. Si tratta di una giovane donna la cui vita includeva un
pattern ripetuto per lungo tempo di dissociazione di un trauma
estremo e anche, nella tarda adolescenza, il crollo di questa
dissociazione e la comparsa di esperienze di annichilimento.
La paziente di cui parliamo aveva diciotto anni quando ebbe la
sua prima crisi psicologica che implicava una sensazione di
annichilimento personale. Questa crisi venne scatenata da una