Pagina 84 - Self Rivista - Anno 1 n°3

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Mi è sembrato che uno dei messaggi che il dottor Atwood ci
trasmette è che la diagnosi (e la diagnosi psichiatrica in particolare)
non si addice alla psicoanalisi.
Ora però vorrei fare qualche commento su alcuni punti di questo
lavoro che mi lasciano perplessa.
1) La psichiatria tradizionale e Freud
Quando studiavo Medicina, la psichiatria era una piccola
appendice della neurologia. Nel Compendio di Psichiatria, un
minuscolo libretto che mi avevano dato da studiare, il delirio veniva
definito come “convinzione errata non modificabile con la critica”. E’
molto evidente come questa definizione mettesse l’osservatore
“normale” dalla parte giusta e il paziente dalla parte sbagliata,
senza possibilità di dubbi.
In alcuni punti del suo lavoro il dottor Atwood, definendo Freud un
osservatore cartesiano, lo mette sullo stesso piano dello psichiatra
tradizionale e questo mi sembra davvero sbagliato. Egli dice, per
esempio: “L’analista cartesiano, seguendo Freud, si focalizza
inevitabilmente sull’ampia disparità che esiste tra quello che la
paziente crede e la supposta verità oggettiva della sua situazione di
vita, percependo un difetto del test di realtà […].” (p. 11-12). Penso
ai primi casi clinici descritti negli
Studi sull’isteria
. Freud ascolta le
sue pazienti non certamente con un atteggiamento oggettivante e
con l’idea che dicano (o esprimano col corpo) cose errate o
incomprensibili, ma incoraggiandole a raccontare e cercando un
significato per le loro sofferenze. Trova così l’origine di queste
sofferenze in una serie di relazioni con persone del loro mondo,
esseri umani importanti, genitori, zii, amici di famiglia, e di vicende
umane solitamente molto drammatiche (innamoramenti e
abbandoni, violenze, malattie gravi e morte di persone care). Parla