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del sintomo somatico come espressione simbolica di un evento
psichico, si chiede come questo avvenga e dice che certamente,
queste non erano domande che i medici fino ad allora erano
abituati a porsi.
(Freud, 1895, Caso di Elisabeth von R.). E’ stato
proprio Freud che ha inventato il modo non oggettivante di
avvicinarsi alla sofferenza mentale. Poi le cose sono cambiate.
Quando Freud ha ritenuto di non poter più credere ai suoi
neurotica
(Freud, 1887-1904. Lettera a Fliess del 21.9.1887) e ha pensato
che le vicende narrate dai suoi pazienti fossero frutto di fantasia, ha
scoperto la realtà psichica, un concetto estremamente importante,
ma si è messo ad ascoltare in modo diverso, in un modo che è
stato definito “sospettoso” (Nissim Momigliano 2001). La storia
successiva è complessa, è la storia della psicoanalisi con tutte le
sue vicissitudini, che dura da più di 100 anni e si è sviluppata,
seguendo diverse strade, in tutto il mondo occidentale. Come già
ebbi a dire nel commento all’articolo di Stolorow, Orange e Atwood
(Robutti, 2000) che è stato discusso qui a Roma due anni fa, io mi
sento più in continuità con questa storia che non in contrasto,
anche se nel corso degli anni ho cambiato molto le mie idee e ora
mi trovo su posizioni che sento in profondo accordo con quelle degli
intersoggettivi. Penso però che la psicoanalisi sia stata post-
cartesiana già dal suo inizio, e anche dopo, soprattutto in alcune
floride correnti che hanno radici antiche (si pensi a Ferenczi, a
Balint, a Winnicott e a Bion per non citare che autori fra i più
conosciuti). La psicoanalisi è diventata sempre più capace di
affrontare gli aspetti più difficili e misteriosi della sofferenza
mentale: le psicosi. Cosa può essere accaduto all’inizio? Io credo
che non è il cosiddetto psicotico che rifiuta la realtà, ma è piuttosto
il cosiddetto normale che rifiuta la realtà dello psicotico, perché è
troppo angosciosa.