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aveva subito una perdita devastante e come la implorassi di non
dirmi nulla che potesse disilludere questa idea. Come poteva
essere compresa questa abissale cesura che separa l’esperienza
delle persone traumatizzate dagli altri esseri umani?
Nel capitolo sul trauma in
Contesti dell’essere
abbiamo
proposto che l’essenza del trauma psicologico risiede
nell’esperienza di un affetto intollerabile. L’intollerabilità di uno
stato affettivo, argomentavamo inoltre, non può essere spiegata
unicamente, o anche principalmente, sulla base della quantità o
intensità del sentimento di dolore evocato da un evento dannoso. A
livello di sviluppo, infatti, gli stati affettivi traumatici devono essere
compresi nei termini dei sistemi relazionali nei quali prendono
forma. Abbiamo messo in evidenza che un affetto di dolore o di
paura diventa traumatico quando l’ambiente circostante è stato
profondamente assente nella regolazione di cui il bambino ha
bisogno per essere aiutato a tollerare, contenere, modulare e
integrare questo affetto.
Nella mia esperienza, questa concettualizzazione del trauma
infantile come processo relazionale che coinvolge importanti dis-
regolazioni di affetti dolorosi ha dimostrato di avere un enorme
valore clinico nel trattamento di pazienti traumatizzati. Ma, come
cominciai a riconoscere in quella cena congressuale, la nostra
formulazione non distingueva tra una regolazione che non può
essere supplita da altre e una regolazione che non può essere
sentita dalle persone traumatizzate a causa del profondo senso di
unicità intrinseco all’esperienza del trauma stesso.
Un’iniziale comprensione di questo isolamento straniato ci
viene da una fonte inaspettata: la filosofia ermeneutica di Hans
Georg Gadamer.