Nell'ottica classica il campo analitico doveva essere il luogo delle parole, l'azione
considerata un disturbo soprattutto quella dell'analista, viceversa nella concezione
interpersonale contemporanea i campo analitico è il luogo dell'agire implicito e
inevitabile, anche nel momento in cui si usano le parole. Esso diventa quindi il
palcoscenico della messa in atto inconsapevole delle vicende di transfert
controtransfert, luogo di enactment in cui i due personaggi recitano la loro
interazione.
Fu Theodore Jacobs a coniare il termine di enactment nel suo articolo del 1986 “ On
countertransference enactments”.
La parola enactment, oltre al significato giuridico di rendere esecutiva una legge,
metterla in atto, indica anche recitare una parte a teatro. Dal punto di vista della
nostra argomentazione, mi sembra che i due significati si fondino e il termine
enactment può ben rappresentare il mettere in atto sulla scena analitica, senza un
copione prestabilito ma spontaneamente, la dinamica interattiva. Ben diverso dal
concetto freudiano di acting out che aveva una connotazione negativa di disturbo in
un contesto comunque monopersonale.
Tuttavia esso rimane un concetto in via di evoluzione e farne chiarezza non è sempre
semplice.
L'enactment è stato visto come un concetto ponte che ha favorito il passaggio dalla
ortodossia classica ad una visione più interattiva dello scambio clinico.
Nel 1992 esso fu definito nel Panel dell'American Psychoanalitic Association come
messa in atto del transfert: tendenza del paziente, in gran parte agita in modo non
verbale e inconscio da entrambi i membri dell'interazione, a persuadere e condurre
l'analista ad una reciproca partecipazione. Alcuni autori sottolineavano maggiormente
la situazione di simmetria psichica e reciprocità, come Wolstein sulla linea di Ferenczi,
altri davano maggior rilievo alla pressione del paziente che spinge l'analista ad agire in
conformità del suo transfert come Levenson. L'enactment si riferisce ad una
situazione interattiva le cui radici sono inconsce in entrambi ma la sua lettura avviene
secondo angolature un po' diverse e questo ne rende difficile una sua definizione
univoca.
Alcuni autori accentuano maggiormente il carattere di reciprocità partendo
dall'assunto di Mitchell che una relazione analitica deve essere intesa come una
relazione reciproca. Per Wolstein l'analisi è simile ad una scena interattiva comune:
due persone associano liberamente e soggettivamente sulla loro reciproca esperienza.
Si tratta di due sé in interazione. Da qui deriva che il termine controtransfert perde
significato perché non è più chiaro a cosa si riferisce il contro, chi inizia per primo ad
incidere sull'altro. L'enactment è considerata l'espressione della persona concreta
dell'analista in interazione col paziente.
Un'altra prospettiva accentua invece il contributo del paziente e dà meno importanza
alla reciprocità e alla simmetria. Per Levenson è il paziente che induce l'analista ad
agire le configurazioni relazionali in una matrice transfert controtransfert. Se l'analista
resiste l'analisi si trasforma in lavoro intellettuale e la relazione svanisce. L'enactment
è quindi essenzialmente controtransferale e, insieme alla sua successiva elaborazione
è considerato il centro dell'analisi stessa.
Alcuni autori prendono in considerazione solo gli enactment più evidenti, quelli
sessuali o i ritardi ad es., altri includono nell'enactment tutti i tipi di interazione
analista paziente. Mac Laughlin si concentra soprattutto sulle componenti non
verbali, gestuali e posturali, Jacobs è sensibile alle sottili sfumature con cui l'analista
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