insieme, ricostruiamo la trama di un’esistenza bruscamente immobilizzata nel suo
divenire, e di tutti gli eventi che in quel blocco hanno avuto parte.
Ripenso a tutte le volte in cui mi sentivo triste, quando lui andava via, restituendomi a
una solitudine pensierosa. Ripercorrevo i passaggi della seduta, pensando a come
forse avrei potuto bucare quell’involucro impermeabile, perché magari una terapeuta
più attiva, chi lo sa… sarebbe riuscita a connettersi un po’ di più, avrebbe trovato altre
modalità. P. mi faceva vivere il senso frustrante delle occasioni mancate, di quando,
dopo però, sempre dopo, pensi che forse avresti potuto dire quella cosa che solo ora ti
viene in mente, e che forse chissà, sarebbe stata la chiave di volta di tutta la
situazione. Mi trovavo a cercare inconsapevolmente la chiave del rebus, forse di quella
interpretazione geniale che apre la porta ad una comprensione risolutrice. Ma la mia
esperienza non mi porta a questo, e tanto meno P. e la nostra relazione terapeutica.
Non so se sono una nuova analista e lui un nuovo paziente, ma certo l’unica
dimensione praticabile, per tanto tempo, è stata quella che ho condiviso con voi.
L’ascolto, la vicinanza partecipe, e a volte anche la distanza, ma sempre partecipe
direi perché in quella distanza ero immersa in pensieri sulla relazione terapeutica e su
noi, e poi la crescente condivisione di un mondo sempre più fluido e vitale, un mondo
in divenire…
RIASSUNTO
Il tema proposto prende forma dalla storia di una relazione terapeutica iniziata sette
anni fa, con particolare attenzione ad alcuni aspetti specifici che possono costituire
temi di interesse e discussione. Dalla iniziale massiccia inibizione di interessi e
progetti, al progressivo disvelamento di elementi ricchi ed immaginifici del suo mondo,
Piero (che cominciò l’analisi quando aveva 26 anni)ha proposto una modalità di
entrare nello spazio terapeutico ed in contatto con me che mi hanno subito messo alla
prova. La trama narrativa si è strutturata su tre o quattro temi conduttori, ognuno dei
quali rappresentava l’accesso ad un mondo a sè, molto diverso dagli altri (la musica,
l’informatica, lo studio). Una narrazione illuminava maggiormente l’altra, chiarendone
indirettamente alcuni aspetti, in un mosaico complesso ma unico. Lo svolgersi della
relazione terapeutica mi ha permesso di riflettere su temi come il sé molteplice e la
dissociazione, la segregazione traumatica di contenuti del mondo interno del paziente,
ma anche di pensare al potente ingaggio a cui mi sono sentita chiamare fin dalle
prime battute di questo incontro analitico. E’ stato possibile nel tempo, per me,
esprimere elementi di creatività, improvvisazione, disvelamento, condivisione e
decostruzione di enactements, prontezza alla accettazione e condivisione di veri “now
moments”, insieme alla consapevolezza di tante “occasioni mancate”. Tutto ciò
conduce alla riflessione rispetto alla novità, l’entusiasmo, la difficoltà, di sentirsi
“nuovi” analisti, che mettono in campo una molteplicità di strumenti terapeutici oltre
all’interpretazione, proponendo la propria soggettività nella co-costruzione della
relazione.