In un importante articolo del 1983 intitolato “ Il paziente come interprete
dell'esperienza dell'analista” I.Hoffman passa in rassegna le varie critiche che sono
state mosse allo schermo opaco freudiano e prende in considerazione l'attenzione
posta alla percezione che il paziente ha del terapeuta. Nello schermo opaco il pz è
visto come il paziente ingenuo che considera solo la facciata che l'analista gli
presenta, anche se di rimando il suo comportamento viene continuamente indagato
nei suoi risvolti più nascosti e gli aspetti che il pz. percepisce come reali del terapeuta
non venivano considerati come transfert. I critici più radicali dello schermo opaco
considerano invece che il pz. è selettivamente attento, capace di cogliere certi
aspetti e comportamenti della personalità del terapeuta, anche se spesso in modo
preconscio, e queste percezioni vanno a formare in parte il transfert con l'analista. Il
transfert non è quindi distorsione semmai relativizzazione della realtà. Scrive
Hoffman, “ La prospettiva che il pz utilizza per interpretare gli atteggiamenti interni
dell'analista è vista come una delle molte prospettive possibili ognuna delle quali
illumina aspetti differenti del coinvolgimento dell'analista” E' quindi, secondo Hoffman,
nella interazione transfert controtransfert che si determinerà il corso analitico e il
destino della relazione, ed è qui importante l'obiettività dell'analista intesa come
capacità di indirizzare la relazione di transfert controtransfert verso un tipo di di
esperienza interpersonale nuova, trasformativa.
Gill è stato uno degli autori che con più rigore ha sostenuto la concezione
interpersonale del transfert: l'analista non può astenersi dal partecipare alla
determinazione del transfert del paziente, tale partecipazione va riconosciuta,
indagata e continuamente interpretata. Critica il concetto di “partecipazione
osservante” di Sullivan, considerandolo troppo lontano emotivamente dal paziente e
sostiene una totale partecipazione del terapeuta alle vicende emotive dello scambio
clinico. Il famoso aforisma di Winnicott che diceva di non sapere cosa fosse un
bambino senza la madre, è ripreso da Ogden che scrive “ Io ritengo che in un contesto
analitico non esista una cosa come un analizzando indipendentemente dalla relazione
con l'analista, così come non esiste una cosa come l'analista al di là della relazione con
l'analizzando”
Se il transfert è quindi anche in buona misura reazione agli stati affettivi dell'analista e
elaborazione dell'esperienza che di lui fa il paziente anche nei suoi aspetti reali, la
presenza dell'analista e il suo contro transfert diventano elementi importanti nel
determinare il destino delle relazione analitica.
Alla luce delle nuove concettualizzazioni tuttavia il termine controtransfert sembra
diventato obsoleto. Già Hoffman considera che si debba parlare dell' l'esistenza di due
transfert, quello del pz e quello dell'analista, fra gli intersoggettivisti Donna Orange
conia il termine di co-transfert, per sottolineare il carattere non di distorsione ma di
partecipazione reciproca, per Aron finché si parla di contro-transfert si considera la
partecipazione dell'analista come pura reazione al transfert del paziente. Si dovrebbe
arrivare ad una visione più allargata in cui il paziente e l'analista sono
contemporaneamente sia oggetto che soggetto l'uno dell'altro. E' proprio nell'oscillare
fra questi due livelli, identificandosi con le proiezioni del paziente , ma anche
partecipando con la propria soggettività , che si definisce, secondo Aron, la funzione
dell'analista.
IL CONCETTO DI
ENACTMENT
La partecipazione dell'analista implica quindi l'agire inevitabile, micro o macroscopico,
implica un coinvolgimento emotivo , uno svelarsi inconsapevole del terapeuta
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