Ho spesso avuto una confusa sensazione di trovarmi di fronte ad un odio vicino a ciò
che Winnicott (1947) chiama “amore spietato”. L’amore spietato riconosce l’esistenza
separata dell’oggetto ma non la sua soggettività, cerca di usarlo, senza tenerne conto.
Va rilevato che l’oggetto non potrebbe rimanere vivo se rinunciasse alla propria
soggettività. E’ la sua resistenza che crea l’odio: il soggetto è odiato per l’autonomia
della sua esistenza.
14. Peso del contesto e struttura triangolare degli affetti d’odio
Ho dovuto anche riapprendere che l’odio, come ogni altro sentimento, non nasce in
isolamento: appartiene sempre ad una cultura, ad un contesto. Chi odia sa che l’odio
appartiene a ripetute esperienze originarie, ad un sistema di aspettative e di pensieri
divenuti familiari e non più messi in discussione, generati e coltivati con la massima
cura in uno specifico contesto (l’odio di un genitore, un gruppo, un popolo o una razza
verso l’altro genitore, gruppo, popolo o razza).
Insomma, la relazione tra odiante e odiato non è mai un semplice rapporto a due, ma
assume una struttura geometrica triangolare per la presenza di un “terzo” che funge
da modello (R.Girard, 1961
.
15. Odio, paura e ostilità.
Nell’essere esposto all’odio c’è pur sempre il problema della paura, che ostacola
potentemente la riflessione. Inoltre, “chi ha paura è necessariamente ostile” (R.Stout,
1970).
16. L’odio chiama l’odio
Certo è che l’odio chiama l’odio. L’odio risveglia l’odio.
L’odio sembra dotato del potere di incanalare in modalità rigide le reazioni ad esso,
tende a polarizzare le risposte della persona odiata in attacco-fuga (o, meglio, in
attivazione dell’avversività) o in reazioni di morte apparente (ovvero, viraggi verso la
dissociazione dell’affetto, per la quale abbiamo scelto la figura della “pietrificazione”,
di cui si parlerà più avanti).
17. Odio e dissociazione
Da una parte è presente la tentazione dell’analista di reagire ai continui attacchi del
paziente, dall’altra si fa strada il desiderio di ritirarsi in una distaccata indifferenza.
Tanta potenza dell’odio, l’intensità degli umori maligni da cui ci si sente invasi, hanno
fatto sì che attraversassi periodi dominati da una strana tendenza a lasciar andare, a
mettere sullo sfondo il persecutore, una specie di “disinteresse a risolvere”, che mi
segnalava la messa in atto di una modalità dissociativa, fino a che punto
autoprotettiva è difficile a dirsi.
18. Odio e pensiero dicotomico.
i
R. Girard sviluppa il tema del terzo negli affetti d’odio in chiave non edipica