In ogni istante è pronto a nuovi compiti.
Se deve aspettare, aspetterà.
Lo dicono cieco. Cieco?
Ha la vista acuta del cecchino
e guarda risoluto al futuro
– lui solo.
22. Odio e lacerazione della trama intersoggettiva della vita.
La lacerazione della trama intersoggettiva della vita causata dall’odio tende a produrre
una relazionalità, non più tra soggetti ugualmente liberi, ma da soggetto-a-oggetto
(J.Benjamin, 1988) in cui uno, l’oggetto, oppone all’altro resistenza (ob-jectum:
gettato contro) o vi si sottomette, mentre l’altro cerca di farsi soggetto unico e
assoluto, tentando di dominarlo (vedi invece E.Ghent, 2001, e la sua soluzione
dell’abbandonarsi).
Per le relazioni d’odio, come per quelle di dominio, valgono le considerazioni di
J.P.Sartre (1943, p.473) secondo cui: “Solo di fronte all’altro io sono colpevole.
Colpevole prima di tutto sotto il suo sguardo, quando sento la mia alienazione e la mia
nudità come una degradazione che devo assumere. Colpevole, inoltre, quando a mia
volta guardo l’altro, perché per il fatto che affermo me stesso, lo costituisco come
oggetto e come strumento, e gli faccio giungere l’alienazione che dovrà assumere.”
“Sballottati senza posa dall’essere-sguardo all’essere-guardato, cadendo dall’uno
all’altro, nell’alternativa delle trasformazioni, siamo sempre, qualunque sia
l’atteggiamento adottato, in stato di instabilità in rapporto ad altri … Non possiamo
mai porci concretamente su uno piano di uguaglianza, cioè sul piano in cui il
riconoscimento della libertà dell’altro comporterebbe il riconoscimento da parte
dell’altro della nostra libertà. L’altro, di principio, è l’inattingibile: mi sfugge quando lo
cerco e mi possiede quando lo sfuggo” (p.471).
23. Sguardo e intersoggettività.
R.D.Laing (1959, p.95) sostiene che: “Quanto meno l’altro può ricevere, tanto più l’Io
avverte il bisogno di distruggere. Proporzionalmente alla misura in cui opera la
distruzione dell’altro, l’Io si sente vuoto. E quanto più è vuoto, tanto più diviene
invidioso, quanto più invidioso, tanto più distruttivo”.
Pur ispirandosi a Sartre, qui Laing se ne distanzia, ci sembra, attraverso cinque
piccole parole poste proprio all’inizio della sua considerazione: “Quanto meno l’altro
può ricevere”. Laing, infatti, sembra presupporre la possibilità della reciprocità degli
sguardi, anticipa la possibilità di una relazione intersoggettiva, fondata sul
rispecchiamento e sulla reciprocità, mentre Sartre la escluderebbe, considerando le
relazioni umane destinate a restare intrappolate in un dialettica irrisolta di potere tra
soggetto e oggetto, condannati ad invertire continuamente i loro ruoli, senza mai
poter realmente coesistere entrambi come soggetti in relazione tra loro.
Lo sguardo di cui parla Sartre è un guardare che sembra voler “prendere l’altro” di
sorpresa, per vederlo nella sua nudità senza essere visti, guardarlo senza voler essere
a propria volta guardati. E’ lo sguardo a cui l’odio aspira.