RIGIDITA’ DELLE ASPETTATIVE E PRATICABILITA’ DEL CAMBIAMENTO
Giuseppe Di Leone
parole chiave:
adattamento patologico, cambiamento in psicoterapia, lo specchio e la maschera,
indecidibilità, alternative impraticabili, idealizzazione di sé, mutuo riconoscimento.
E’ ricorrente in un certo numero di pazienti una definizione del Sé basata su
aspettative rigide verso se stessi e gli altri. Il tentativo che essi hanno fatto nel corso
della vita per adeguarsi a queste aspettative, è stato per loro causa di costante
tensione e tormento; d’altra parte, questa era la condizione richiesta per soddisfare le
esigenze di validazione e fugare cosi i continui dubbi su se stessi (Kohut, 1978 Soavi
1993), considerati da Brandchaft (1999) “
il disturbo più pervasivo e invalidante dei
nostri tempi”
(pg. 197).
Sebbene si può intuire sullo sfondo una situazione carenziale, a risultare prevalente, è
una struttura che per aver assicurato delimitazione e coerenza, ha acquisito caratteri
di rigidità e automaticità, imponendosi nella vita dei pazienti, fino a restringere il
campo delle loro possibilità. Alle vicissitudini che comporta questo modo di definirsi,
sono da collegare gli stati di ansia, gli attacchi di panico, le fobie dello spazio, alcuni
dubbi ossessivi, momenti di depersonalizzazione e particolari variazioni del tono
dell’umore. Da un lato, le ansie e le angosce possono insorgere, sia, per il timore di
essere completamente assorbiti dallo sforzo crescente prodotto per adeguarsi a queste
aspettative rigide, sia, per il sentimento di perdita di continuità del sé conseguente al
mancato riconoscimento di questo sforzo, dall’altro, il timore del caos può essere
attivato dai processi di cambiamento in direzione di una maggiore integrazione degli
affetti, che sono stati esclusi proprio a causa della delimitazione rigida del Sé.
La Chasseguet-Smirgel (1975), da una prospettiva fortemente intrapsichica, ha
trattato del ruolo difensivo dei processi di idealizzazione rispetto alle angosce
evolutive, parlando di una “
malattia dell’idealità
”, una condizione in cui si sta
aspettando sempre qualcosa che non arrivava mai”
(Freud, 1938a pg. 566). E’ da
ritenersi, invece, più corrispondente all’organizzazione del Sé di questi pazienti,
quanto detto dagli autori della prospettiva intersoggettiva, in particolare da Storolow
(2012), circa il costituirsi in alcuni soggetti di un “
ideale difensivo del Sé”,
purificato
da ogni affetto che può minacciare i legami primari (Storolow R., Atwood G.E.,
Brandchaft B., 1996).
Mi soffermerò brevemente sulle caratteristiche di questa struttura del Sé, sui
particolari sentimenti che l’accompagnano, e accennerò alle difficoltà che comporta
per il terapeuta, tollerare momenti di indecidibilità, in attesa di aperture verso il
cambiamento.
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