LEZIONI DI TANGO: IL LINGUAGGIO DEL CORPO E LA DIMENSIONE
IMPLICITA NEL PROCESSO TERAPEUTICO
Federica Elia
parole chiave:
enactment, self-disclosure, conoscenza relazionale implicita, incontro intersoggettivo,
empatia
Una telefonata, solo una telefonata, eppure qualcosa stava già succedendo fra me e
Gaia, 38 anni, altoatesina ormai residente a Roma da più di dieci anni. Mi chiama per
prendere un appuntamento, cosa a cui dovrei essere piuttosto abituata – mi dico fra
me e me - ma sento di non potermi limitare a comunicare giorno e orario, dall’altra
parte c’è qualcuno che ha bisogno di qualcosa in più.
La telefonata giunge in un momento particolare, io sono sul punto di cambiare studio,
sto per prenderne uno nuovo e so già che molto probabilmente avremo modo di fare
solo il primo colloquio nello studio attuale, mentre dalla seconda seduta ci saremmo
dovute spostare. Penso di chiarire subito questo aspetto e glielo preannuncio al
telefono, immaginando che avrebbe potuto rappresentare già un primo eventuale
fastidio.
Le comunico i due indirizzi dicendole: “Possiamo vederci fra due settimane
direttamente nel nuovo studio, oppure, se preferisce, subito per un primo colloquio
dove sono ora, dopodiché passare al nuovo.”
“Non posso più aspettare, ho bisogno di iniziare ora, per me va bene venire prima al
vecchio e dopo spostarci”- dice lei.
“Bene…gli indirizzi sono facilmente raggiungibili per lei?”- chiedo.
Gaia dice che per il primo colloquio non ci sono problemi, mentre per il nuovo indirizzo
non sa bene come raggiungerlo…mi appare un po’ spaesata ma con tanta motivazione
a trovare una soluzione.
In quel momento mi accorgo di avere davanti a me il pc acceso, penso che potrei
aiutarla, così le dico: “Se vuole, la richiamo io in modo da poterci trattenere un po’ al
telefono e controllare con l’aiuto del pc l’itinerario da seguire”. Così faccio, e insieme
controlliamo il numero di fermate metro necessarie da casa sua a studio, la cosa
sembra fattibile, lei più distesa e a tratti entusiasta: “Allora va bene! Non ci metterò
molto ad arrivare, la ringrazio davvero.”
Una telefonata…sento una buona atmosfera, c’è un’alleanza ed un principio di
collaborazione che spero di ritrovare nell’incontro dal vivo.
Al primo colloquio Gaia è loquace, inizia subito a raccontarmi una valanga di
avvenimenti, ricordi, sensazioni; io dico poche parole, ma qualcosa la tocca perché
piange, piange e si sfoga di un dolore tenuto troppo a lungo dentro. Ha un modo di
parlare molto intenso, mi sento trasportata dal fiume di eventi che mi descrive, la
osservo e di lei mi rimane subito impressa l’immagine: uno sguardo pulito, occhi chiari
sgranati, capelli raccolti e tenuti in ordine da un cerchietto adolescenziale, veste con
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