abiti coloratissimi, una gonna ampia e lunga, sembra una bambola con un sorriso
splendido e penetrante tanto quanto quelle lacrime amare.
La madre è morta quando Gaia aveva 12 anni, il padre è stato il suo più grande amico
e confidente, il suo appoggio e il suo rifugio fino a un anno fa, quando anche lui è
venuto a mancare.
Gaia ha un fratello che vive a Genova, Mauro, un ventisettenne con problemi di alcool
e comportamenti a rischio.
Vive con una coinquilina ed un coniglietto di nome Lamù, al quale è legatissima.
I parenti sono lontani, sparsi in varie città italiane e all’estero; l’unico punto di
riferimento sembra essere il fratello, fonte peraltro di enormi preoccupazioni per Gaia,
sempre in pena per lui.
Per mantenersi, Gaia lavora come maestra di educazione fisica in una scuola media e
impartisce ripetizioni di inglese privatamente. Da sempre si dedica agli altri ed è
abituata ad ascoltare, a prendersi cura di chi si trova in difficoltà.
Prima di trasferirsi a Roma viveva in Altoadige con il padre ed il fratello, entrambi
difficili sia dal punto di vista caratteriale che per problematiche di salute, e con la
madre, dolce e premurosa ma deceduta improvvisamente in seguito ad una malattia
degenerativa. Gaia non ricorda di aver mai ceduto o rinunciato a prendersi cura di
loro, non ricorda di essersi mai lamentata per questo. In famiglia, dopo la morte della
madre, Gaia era la donna di casa, quella che “ce la doveva fare”.
Ha deciso di iniziare una terapia perché sta “scoppiando”: “Mi sento esplodere”- dice.
Si descrive come incastrata fra due fuochi: da un lato il fratello che lei teme possa
mettere in pericolo la propria vita – “e poi è così lontano, non so cosa fa realmente, al
telefono non fa che mettermi in ansia e lamentarsi, lo sento fragile” – e dall’altro l’ex
compagno, Stefano, con il quale ha smesso di frequentarsi da circa otto mesi, per
volere di lui.
Stefano è un uomo di 40 anni, altamente instabile dal punto di vista delle relazioni
affettive, e si è legato a Gaia costringendola in un rapporto fondato su una serie di
compromessi, primo fra tutti il fatto di “essere amici” a livello ufficiale. I due hanno
avuto una storia di un anno e mezzo, si vedevano regolarmente, avevano rapporti
sessuali completi, andavano in vacanza insieme e a tratti sembravano emergere dei
microprogetti per il futuro. Ma lui non voleva definire questo come un qualcosa che
andasse oltre l’essere amici. Così, la profonda dissociazione con cui questa storia
veniva portata avanti era vissuta dall’uno come una logica conseguenza dell’accordo
iniziale, dall’altra come una ferita lacerante. Più il rapporto cresceva, più Gaia sperava
che qualcosa cambiasse anche nel modo di viverlo del compagno.
Sessualmente insoddisfatta, emotivamente combattuta, Gaia si è sempre adattata ai
bisogni ed alle esigenze di Stefano, subendone gli umori altalenanti e gli sbalzi fra
momenti di intenso legame e momenti di altrettanto intenso svilimento di lei da parte
del ragazzo: “Sei un soprammobile” – le disse una volta durante una discussione.
Spesso Stefano l’aggrediva verbalmente, fino ad umiliarla, perché in qualche modo lei
non era stata abbastanza “brava” in qualcosa, o perché non era bella come una miss,
lui che si vantava di aver avuto sempre donne bellissime. Sembrava particolarmente
importante per Stefano sapere di avere accanto una donna brillante, brava, efficiente,
bella. Quello che Stefano voleva da Gaia era fondamentalmente un rifornimento
narcisistico, è stato con lei finchè gli ha fatto comodo, dopodiché l’ha lasciata per