allontanano. Essi si vergognano per aver fallito l’obiettivo ideale di autonomia e
indipendenza (Morrison, 2005), e possono sviluppare vere e proprie angosce di
perdita del Sé. In questi casi, si assiste a una specie di “
schok
” di fronte all’improvvisa
scoperta dell’alterità dell’altro, un vero e proprio “
scontro
” (Benjamin, 2005), che
potrà evolvere o meno verso l’incontro. Verranno fatte pressioni sull’altro perché torni
a dare la convalida richiesta, e ci sarà un passaggio da una regolazione più flessibile e
legata al contesto, a uno stato di “
vigilanza interattiva”
(Beebe B. Lachmann F.M.,
2002), e alla messa in atto di un comportamento
“controllante accudente/punitivo
(Lyons-Rhut, Jacoviz, 2008 cit. in Gazzillo, 20012). Ecco come Kohut, soffermandosi
sul personaggio principale della
Recherche,
commenta il tentativo compiuto da Proust
attraverso la sua opera, di restaurare il Sé rispetto alla perdita dei suoi oggetti-Sé:
L’effetto della perdita di un oggetto-Sé di Proust può essere dimostrato nel modo più
convincente riferendosi alla relazione del narratore con Albertine: il narratore non
l’ama, ha bisogno di lei, la tiene quale sua prigioniera (…) e la plasma a sua
somiglianza educandola. Quando lei lo abbandona (…) egli non la piange come una
persona piangerebbe un oggetto d’amore ma elabora in un arco di tempo prolungato
un mutamento del suo Sé. Il suo Sé si frantuma in diversi frammenti e si fonde con gli
altri (…). Mentre sembra che egli sia disperatamente preoccupato di riprendere
possesso di Albertine, in realtà sta tentando di restaurare il proprio Sé”
(1977,
pg.165).
Quando, dopo una maggiore consapevolezza delle proprie attese frustrate, l’alterità
dell’altro verrà riconosciuta, (Benjamin, 1995), “
la cosa forse più difficile dello
sviluppo umano
” (Winnicott, 1971), al di là della funzione di sostegno al Sé del
paziente, la soggettività dell’altro, spesso non suscita nessun reale interesse. Come
se, dietro quello che prima era uno specchio, non ci sia niente che veramente interessi
e offra motivi a un legame più coinvolgente. Possiamo intendere l’espressione “
prima
o poi bisogna ben cominciare ad amare per non ammalarsi”,
usata da Freud (1914b,
pg.455), e tanto piaciuta ad Eagle (2012), come un riferimento alla necessità di
adattamento all’altro, più per evitare stati di frammentazione del Sé, che le
conseguenze dovute a bisogni pulsionali eccedenti.
Spesso, nello
“shock”
provocato dalla delusione, non manca, oltre alla rabbia, una
sottile invidia, perché l’altro si concede un rapporto più diretto con le sue esigenze,
cosa che non può fare il paziente, per lo sforzo di adattamento alle sue attese rigide.
Antonio, avvia rapporti in cui sente in partenza di essere desiderato, ma diventa
competitivo, appena qualche movimento di disconferma delle ragazze, non fà
emergere in lui la sua dipendenza da loro, più difficile da accettare nei confronti di
ragazze scelte proprio perché considerate più bisognose di lui. Nei sogni di Antonio,
questo tipo di dipendenza, spesso è segnalata dalla presenza di figure in cui
coesistono l’esibizione di una grande eleganza e un’estrema, inquietante, bisognosità.
La ragazza con la sua presenza sostiene il senso delle cose che lui fa, che altrimenti
potrebbero perdere significato e movente; se la relazione continua si assicura uno
specchio rassicurante, però avverte che le crescenti richieste della ragazza esigono
una sforzo eccessivo, perché poi alla fine, dietro lo specchio per lui non c’è niente che
lo spinga ad impegnarsi. Anche in una relazione che dura da anni, come quella di
Giorgio c’é questo forte bisogno di conferma da parte sua, di essere
un ragazzo
capace e maturo, più della sua ragazza, che, a detta di tutti è piena di ansie e paure.
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