24. Odio e sconfitta.
Ma l’odio, a sua volta, è sconfitta: “Se guardo lo sguardo, per difendermi dalla libertà
dell’altro, e trascenderla come libertà, la libertà e lo sguardo dell’altro svaniscono …
tutto avviene come se volessi impadronirmi di un uomo che fugga lasciandomi il suo
mantello fra le mani. E’ un mantello, è una spoglia, quella che possiedo; non mi
impadronirò mai d’altro che di un corpo” … “Il suo progetto iniziale è di sopprimere le
altre coscienze, ma non può in nessun modo fare in modo che l’altro non sia mai
esistito” (J.P.Sartre, 1943, p.455).
Così il trionfo dell’odio si trasforma, fin dal suo stesso nascere, in una sconfitta.
25. Ma l’odio per l’altro è anche odio di sé.
L’esempio di un odio per l’altro, che è sempre anche odio di sé, lo traggo ancora da
Dostoewskij e dal suo “uomo del sottosuolo”. Questi, come colpito da un pensiero
tangenziale “a proposito della neve bagnata”, avvia il racconto di una storia che “non
vuole più lasciarlo in pace” (p. 42) in cui, con Liza, sente di aver raggiunto il culmine
dell’abiezione: “Ed ecco, sono convinto ancora adesso che, appunto perché mi
vergognavo a guardarla, allora nel mio cuore a un tratto si accese e avvampò un altro
sentimento … un sentimento di dominazione e di possesso … Come la odiavo e come
ero attratto verso di lei in quel momento! Un sentimento rinforzava l’altro. Sembrava
quasi una vendetta!” (p. 127) … “ E non sarà meglio se ora lei si porterà via un’offesa
che duri sempre? Offesa: ma questa è purificazione; è la più caustica e dolorosa
consapevolezza! Domani stesso le infangherei l’anima con la mia presenza e le farei
stancare il cuore. Invece l’offesa ora non morirà mai più in lei, e per quanto sia sudicio
il fango che l’aspetta, l’offesa la eleverà e purificherà ... con l’odio … uhm! … forse,
anche col perdono …” (p. 130).
26. Delicatezza d’animo in Perseo, cacciatore di mostri
Può essere utile, a questo punto, soffermarsi su un’immagine letteraria capace di
comprendere la complessa natura dei mostri e la determinazione, delicata ma
inflessibile, con cui la loro natura va trattata.
Attraverso Calvino apprendiamo che “occorre spingere il proprio sguardo su ciò che
può rivelarsi solo in una visione indiretta” (I.Calvino, 2001, p. 8 e segg.) come fa
Perseo con Medusa, ma: “il rapporto tra Perseo e la Gorgone è complesso: non finisce
con la decapitazione del mostro ... Quanto alla testa mozzata, Perseo non l’abbandona
ma la porta con sé, nascosta in un sacco … Perseo riesce a padroneggiare quel volto
tremendo tenendolo nascosto, come prima l’aveva vinto guardandolo nello specchio ”
.
E’ sempre in un rifiuto della visione diretta che sta la forza di Perseo, ma “non in un
rifiuto della realtà del mondo di mostri in cui gli è toccato vivere, una realtà che egli
porta con sé, che assume come proprio fardello”.
Calvino ci mostra “quanta delicatezza d’animo sia necessaria per essere un Perseo,
vincitore di mostri ... Perché la ruvida sabbia non sciupi la testa anguicrinita, egli
rende soffice il terreno con uno strato di foglie, vi stende sopra dei ramoscelli nati
sott’acqua e vi depone la testa di Medusa a faccia in giù. Un gesto di rinfrescante
gentilezza verso quell’essere mostruoso e tremendo ma anche in qualche modo
deteriorabile, fragile”.