vittima o di quello di carnefice; il compito terapeutico di analista e paziente sarà allora
quello di andare alla ricerca di un altro modo di guardare, risanatore, capace di
introdurre ad un’esperienza organizzata dal rispecchiamento e dal rispetto reciproco,
in modo che ognuno possa guardare e, a sua volta, essere visto e confermato. Questo
sguardo però non è già lì, a disposizione di entrambi; da entrambi dovrà essere
conquistato, dipanando i nodi formati dall’intreccio fitto dei fili dello sguardo maligno e
di quelli dell’odio.
5. L’odio è solo apparentemente gratuito.
Anche quando l’odio del paziente coglie di sorpresa il terapeuta, bisogna pensare che
la natura di questo odio è solo apparentemente gratuita.
Va notato, infatti, che “l’odio mascherato, l’odio inascoltato, l’odio occultato contiene
tracce di una possibile trasformazione in una pericolosa gratuità correlata al
misconoscimento ... l’odio non è mai gratuito … ha sempre una sua ragione, e alcune
di queste sono plausibili e persino ragionevoli. Un odio del tutto immotivato non
esiste.” (N.P.Nielsen, 2011, p. 269).
6. Le scene modello e la trasformazione dell’aggressività reattiva.
Le più feroci manifestazioni umane della barbarie e dell’odio hanno condotto molti
teorici, tra cui per primo lo stesso Freud (in particolare, nello scritto del 1920: Al di là
del principio di piacere) e poi, soprattutto, M.Klein (1937, 1957) a considerare
l’esistenza nell’uomo di un’aggressività innata, originaria.
Nella prospettiva della psicologia del sé l’aggressività è reattiva (Kohut, 1972).
Le reazioni avversive, sia in forma di antagonismo che di ritiro, sono l’espressione del
tentativo di rimuovere una minaccia portata al sé e di reintegrare la sensazione di
orgoglio e di autostima.
Nell’opera di J. Lichtenberg, J. Fossaghe e F. Lachmann (1992, 2001, 2005) la
costruzione di scene modello riveste un’importanza centrale ai fini della
trasformazione dell’aggressività reattiva.
“Definisco scena modello, il co-costruire, o co-creare, quadri descrittivi che risolvono
un enigma, che aiutano a scoprire il significato di un evento o di un enactment”
(J.Lichtenberg, 2008, pag. 98).
“Riteniamo che l’originalità del concetto di scena modello sia quella di cristallizzare in
nuclei organizzati e intrisi di affetti non il ricordo di eventi, ma la capacità di una diade
di produrre narrazioni specifiche e significative per ambedue i partecipanti.”
(G.Nebbiosi, S.Federici, 2000, p. 14).
Il materiale per la costruzione di scene modello è molto vario, ma soprattutto non ne
va trascurato un aspetto costitutivo rappresentato dalla loro “fisicità”, ovvero dalla
loro qualità di includere esperienze corporee
i
:
anche per questa via le considerazioni
i
“La fisicità delle scene modello fornisce una importante dimensione a tutti i trattamenti, ma in
particolare nel lavoro coi pazienti più difficili le cui storie includono abusi e traumi, e in cui le inibizioni,
anestesie e dissociazioni – e i numerosi modi di privilegiare o annullare le esperienze fisiche – sono una
conseguenza frequente” (F.Lachmann: Scene modello e trasformazione della aggressività reattiva,
Convegno Internazionale Isipsé, Roma, maggio 2001).
1...,52,53,54,55,56,57,58,59,60,61 63,64,65,66,67,68,69,70,71,72,...173