quanto portano nelle mani vuote.
“Non devo loro nulla” –
direbbe l’amore
sulla questione aperta.
(W. Szymborska, 1976, p. 343)
Riassunto
In questa comunicazione ci si interroga sulle auto - e mutue - regolazioni e sui
percorsi interattivi capaci di mitigare stati del sé sostenuti dall’odio. Si riflette sulla
base avversiva da cui un sé, che ha fatto ripetute, fallimentari, esperienze di non
essere “visto” e confermato, può tentare di imporre all’altro la propria visibilità “per
forza”.
Il filo principale di questa riflessione è lo sguardo. Un “guardare e non essere visti”,
maligno, trascina il paziente in esperienze relazionali di dominio, in cui sono possibili
solo l’assunzione del ruolo di vittima o di quello di carnefice. Il compito terapeutico di
analista e paziente diventa allora quello di andare alla ricerca di un altro modo di
guardare, risanatore, capace di condurre ad un’esperienza in cui “ognuno possa
guardare e, a sua volta, essere visto e confermato”. Questo sguardo però dovrà
essere conquistato da entrambi, dipanando i nodi formati dall’intreccio fitto dei fili
dello sguardo maligno e di quelli dell’odio.
Ma il percorso riflessivo del terapeuta si è dovuto anche sostenere molto sul conforto
offertogli da immagini mitiche, filosofiche e letterarie sui mostri, il cui sguardo
pietrifica, e sui vincitori di mostri; in specie nei momenti in cui più forte era l’impatto
degli affetti di odio su di lui, quando sentiva di essere sul punto di soccombere o di
rispondere all’odio con l’odio.
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