27. Avvertenza per i cacciatori di mostri.
E’ grazie a un duro lavoro con se stessi e con l’altro, teso a favorire l’emergere di una
prospettiva intersoggettiva, che i protagonisti di una relazione d’odio potranno
finalmente tentare di transitare da un incontro mancato, capace di produrre solo
rabbia o alienità, ad un incontro di riconoscimento e conferma.
Ogni mostruosità dell’esistenza costringe chi la affronta a fare i conti con il
riconoscimento di qualcosa di sé che non sapeva gli appartenesse.
Lo psicoterapeuta è chiamato a negoziare il complicato paradosso di ricostruire
intersoggettività laddove l’odio impone solo prevaricazioni e dominio dell’uno sull’altro.
Una negoziazione che comporta numerose, inevitabili ripetizioni.
28. La necessità di ripetizioni riparative.
Per rimanere nell’esperienza dello sguardo, filo conduttore di questo lavoro, occorrono
ripetute rivelazioni del nostro volto (vedi al riguardo il caso di Dolores, presentato da
B.Beebe, 2008, pp. 511 e segg.) a chi, fino ad allora, ha fatto esperienza di specchi
spaventanti, deformanti e rifiutanti. Non ci illuderemo di apparirgli, da subito,
nonostante le nostre migliori intenzioni, sotto quell’aspetto di specchio benevolo, che
vogliamo essere per lui.
29. Odio e bugia.
Ma ci sono anche altre ragioni per cui occorrono tante ripetizioni per mitigare gli stati
d’odio: l’odio si alimenta e cresce grazie ad una bugia sulla vita, e sulla vita degli altri
in particolare: “l’odio scrive per noi ogni giorno il più falso romanzo sulla vita dei
nostri nemici. Immagina in loro, invece di una mediocre felicità umana, frammischiata
a comuni pene che susciterebbero in noi dolci simpatie, una gioia insolente che s’offre
irritante alla nostra rabbia. Trasfigura al pari del desiderio e del pari ci asseta di
sangue umano” (M.Proust, cit. in R.Girard, 1961, p.38).
Una linea avversiva, che parte dal senso della propria meschinità, e dalla vergogna
che ne deriva, conduce all’odio e all’invidia (Orange, 1995, 106-111).
30. Post scriptum
Nel momento in cui congedo il foglio so di aver ancora molto da capire sulle questioni
appena illuminate. Giunti alla fine, scopriamo con la Szymborska (2012) che: “non
appena viene messo l’ultimo punto sulla pagina, si comincia ad esitare (p. 9) perché
“la conoscenza che non porta a nuove domande è destinata a svanire in fretta,
giacché non riesce a mantenere la temperatura necessaria a sostenere la vita” (p. 8).
Questo lavoro riporta solo la traccia del percorso che ho dovuto compiere per
conquistare una posizione intersoggettiva. Ma ogni percorso di questo tipo è
strettamente personale, diverso per ognuno di noi … perciò solo una traccia vi lascio.