trattamento. E’ stata la consapevolezza dell’ansia continua di Mario e del suo disagio?
Sicuramente. E ‘stata la sua frustrazione (e quella di Mario) al fatto che le parole non
sono sufficienti? Forse. Direi che e stata la sintonia squisita tra Anna e Mario, l'eco
risonante dell’agitazione di Mario in Anna, che porta Anna a lavorare con il corpo di
Mario in questo modo.
Mario riesce a raggiungere e a condurre la volontà di Anna verso la possibilità di
affrontare nella stanza l’esperienza della propria fisicità in modo
diverso
. Ciò funziona
per lui come un "click", come un ponte levatoio che apre le porte dell’esperienza
precedentemente murata. Solo dopo che il corpo è stato orientato in questa direzione
è possibile dare parole all'esperienza., e in questo modo allora il corpo incarna il
pensiero. Stiamo parlando di un modello in cui il significato psichico è una sorta di
multistrato, e incorpora livelli linguistici e trans-linguistici. All'interno di tale modello si
può accedere a relazioni oggettuali e rappresentazioni psichiche che sono costituite
dal linguaggio, ma che non sono riducibili ad esso. Quando Mario si "rilassa" con la
tecnica di Jacobson, egli si abbandona alla conoscenza trattenuta nel suo corpo, e cosí
l'elemento linguistico al centro del trattamento analitico può cominciare ad agire come
un costrutto significante della sua esperienza.
Se, riteniamo che la psicopatologia sia la risposta all'incapacità di simbolizzare e di
rappresentare l'esperienza, di nominarla in modo che essa possa essere pensata,
integrata, e agita di conseguenza, allora la psiche è un accumulo del legame tra
l'essere che parla e l'altro, un amalgama del Sé e dell’Altro(i) in relazione. Il trauma
frattura la psiche, e lascia parti e stati del Sé lacunosi, isolati dall’individualità del loro
significato esperienziale, inaccessibili a qualsiasi linguaggio tranne che al proprio. Una
psiche fratturata è quindi necessariamente scollegata dal corpo, e poiché il soma tiene
per se le informazioni che possiede, le sequestra al pensiero. Data l'evidenza clinica e
neuro-biologica che oggi possediamo, e che suggerisce che la crescita della
personalità nel trattamento analitico s’intreccia con la capacità della relazione
paziente-analista di diminuire la vulnerabilità del paziente all’iper-eccitazione
emozionale, dobbiamo necessariamente entrare nei modi dell’interazione non-verbale
con i nostri pazienti, per essere in sintonia e ricettivi agli stati del Sé dissociati e alla
loro modalità di comunicazione. Qui gli
enacment
sono utili e necessari nel
trattamento psicoanalitico, fatto che Bromberg (2008) riconduce ad una elaborazione
congiunta della comunicazione non lineare - ed ciò in cui io credo Anna e Mario si
siano impegnati.
Mi riferisco ancora a Bromberg (1998) che afferma che l'esperienza dissociata viene
comunicata attraverso un bozzolo "non me" condiviso, fino a quando potrà essere
simbolizzata cognitivamente e linguisticamente attraverso la negoziazione
relazionale. Penso che forse questo sia ciò che ha portato Anna a introdurre la tecnica
di rilassamento progressivo, e che Mario ha così prontamente assunto. Il corpo di
Mario è in costante comunicazione con Anna, e la sintonia che Anna stabilisce con
esso la spinge a trovare un modo per orientare Mario verso la liberazione dalle catene
del trauma.
Poiché l'esperienza traumatica è immagazzinata in forma episodica, le sue impronte
sensoriali sono conservate nella memoria affettiva e possono essere ri-vissute come
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