L'attività onirica di Mario, caratterizzata da sogni i cui contenuti riferiscono temi
ricorrenti quali la fuga da chi lo insegue, litigi animati, il desiderio di aggredire, il
timore di poter fallire, mostrano bene le sue difficoltà nella gestione dell'aggressività
da un lato e dell'assertività dall'altro e, sono in sintonia con il pensiero di Ferencz
i
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quando sostiene che il bambino da sveglio non ha consapevolezza delle sue parti
dissociate, che tendono ad emergere soltanto durante il sogno. Nella veglia a
differenza, le parti dissociate possono assumere la forma di una varietà di sintomi
somatici.
E’ esattamente quello che succede a Mario, il linguaggio dei sintomi esprime
chiaramente ciò che non può legittimarsi di pensare, dire, vivere emotivamente
perché potrebbe avere ripercussioni catastrofiche sulla sua integrità.
E' durante la narrazione di una tragica e ripetuta esperienza di abuso subito dal
nonno, e che ha segnato in modo traumatico la sua infanzia, che affiora per la prima
volta il suo profondo senso di vergogna ad essa correlata.
Attraverso la descrizione di come si perpetuavano le esperienze di abuso, emerge in
lui una maggior preoccupazione nei confronti del suo aggressore piuttosto che una
preoccupazione verso se stesso, accompagnata da un profondo senso di vergogna per
quanto era accaduto.
Ferencz
i
ii
sostiene che il trauma rappresenta un violento attacco all'essenza stessa
della mente, la quale non può esistere senza attribuire un senso all'esperienza. Il
vissuto di profonda impotenza e immensa paura di fronte al proprio aggressore,
compromette nel bambino la stessa facoltà di pensare. Ciò determina, una rinuncia al
proprio senso di sé, ai propri sentimenti e desideri, e crea uno stato dissociativo e un
vuoto riempito solo dall'identificazione con il proprio aggressore.
Nel processo dissociativo, una parte del Sé subisce un definitivo arresto, mentre l'altra
è esposta ad una precoce maturazione. In questa situazione il bambino diventa
emotivamente capace in tempi brevi di ri-organizzarsi e di sopravvivere restando
indifferente all'esperienza traumatica, ma il dolore che ne deriva, impedisce il rapporto
dialettico tra le diverse rappresentazioni del Sé, all'interno di un funzionamento
unitario della soggettività.
La terapia con Mario si è suddivisa in due fasi a causa delle difficoltà economiche che
lo hanno indotto a decidere di sospendere per due anni le nostre sedute. Percepisco in
questa sua decisione, all’interno di una relazione che ha favorito una buona alleanza
terapeutica, la necessità di Mario di sperimentare la sua agency, dopo aver confidato il
suo segreto e rotto il silenzio perdurato per molti anni, utilizzando gli strumenti forniti
dalla terapia fino a quel momento.
Grazie ad una struttura di personalità più consolidata che gli ha consentito di rimanere
in contatto con i sintomi, che ora non hanno più il potere destabilizzante che avevano
precedentemente, nella seconda fase della terapia rivisitiamo spesso le sue esperienze
passate e i vissuti correlati.
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In Borgogno F., Cassullo, G., op. cit. p. 97
ii
In Albasi C., op. cit.
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