da una morsa di tensione muscolare che gli impedisce la libertà dei più semplici
movimenti.
Gli attacchi di panico che mi descrive sono contraddistinti da una svariata
sintomatologia fisica, e dalla sensazione di perdita di controllo e di morte immediata.
La sensazione predominante è di “fuga da se stesso” associata ad uno stato di
disorientamento e ad un profondo senso di inadeguatezza e di colpa.
Riferisce di mantenere sempre alta l’attenzione su ciò che dice, su ciò che pensa e sul
suo essere esplicito nella relazione con gli altri, perché teme che tutto si potrebbe
ritorcere contro di lui… anche le cose belle.
Nel suo lavoro su “ il linguaggio dell’assenza” Hayuta Gurevich
i
, riprendendo il
pensiero di Ferenczi, sottolinea che l’opposto dell’amore è la paura e non l’odio. La
costante paura del bambino nei confronti del genitore, innesca in lui continui sforzi
per la sopravvivenza che limitano la sua crescita psichica, creando l’immagine in
negativo dei “processi positivi” dello sviluppo normale. In questo caso il negativo
rappresenta l’incarnazione stessa dell’assenza, esattamente come nell’immagine al
negativo di una lastra dell’arcata dentale gli spazi vuoti raffigurano “l’impronta” del
dente mancante.
Nella realtà, la relazione di Mario con i suoi genitori è caratterizzata da un lato da un
atteggiamento degli stessi di scarsa fiducia nei suoi confronti e, particolarmente, da
una madre svalutante e repressiva rispetto alla soddisfazione dei suoi desideri,
dall’altro da un suo senso di impotenza rispetto alla capacità di difendere in loro
presenza le proprie decisioni e i propri pensieri, che ha determinato in lui un
comportamento adattivo e di sottomissione.
A questo riguardo, trovo puntuali le osservazioni di Sullivan
ii
relative alle esperienze
intersoggettive con la madre quando si associano ad una crescente angoscia che
mina l’autostima del soggetto, il quale se non riesce a proteggersi da questo
“sabotatore interno” - direbbe Fairbairn -, non può lasciarsi andare nella ricerca del
soddisfacimento dei propri bisogni interpersonali perché non si ritiene degno.
Dalla descrizione delle dinamiche relazionali con i genitori, si evince come l’agency del
paziente venga costantemente compromessa, agency che secondo Sander
iii
è il
fondamento della salute psichica, e rappresenta l’esperienza di essere attivi nel dare
inizio al processo di auto-organizzazione. Essere “attori” e propositori di questo
processo è una caratteristica essenziale del sentirsi persone.
Alle parole di Sander fanno eco quelle di Mario durante una seduta: “ vorrei essere
attore della mia vita e uscire sul palcoscenico, non rimanere sempre dietro le quinte”.
i
In Borgogno F., Cassullo G., (2011) Le molte facce del trauma. Quaderni di Psicoterapia Infantile
nuova serie 64 Edizione Borla Roma, p. 100
ii
In Albasi, C., (2006) Attaccamenti Traumatici. I Modelli Operativi Interni Dissociati, Edizione Utet
Università, p.135
iii
In Albasi, op. cit. p. 286
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