Questi esempi ci rivelano l’ampia strumentazione a disposizione dei canali
comunicativi: usano spazio e tempo, si servono delle forme corporee originate da
tutte le modalità sensoriali e dalla sensitività incarnata, come vedremo, ed espressa
coi movimenti di ogni parte dell’intero corpo e da tutti i comportamenti che facciamo.
Per esempio mi viene in mente una risata fatta con una paziente da una collega e
quello era un modo per indicare un superamento di un problema di soggezione e
ancora un collega che disdisse ben tre appuntamenti per dire coi fatti quanto avesse a
cuore lo sconforto di una paziente ed infine l’uso della voce così ben descritto come
Echo System in un caso di Velleda Ceccoli.
La nostra formazione psicoanalitica ci ha reso sensibili al linguaggio umano ed alle sue
forme, sappiamo che non solo è chiaro e semplice, ma anche che lavora nel confuso
per trovare le parole giuste da comunicare, che potremmo chiamare il “processo di
svelamento dell’intenzione”.
Le mani che parlano.
Mentre pensavo al tema dell’implicito, mi è capitato di assistere ad uno spettacolo
teatrale in cui l’attore (Servillo, in Sconcerto) dice, citando Montaigne (dal secondo
libro degli Essais):
“Che dire delle mani? Chiedono, promettono, chiamano, congedano, minacciano,
pregano, supplicano... “.
Noi siamo più esercitati ad osservare le espressioni facciali e meno le espressioni di
altre parti corporee perché sono un po’ nascoste dal fatto di avere il paziente dietro ad
un tavolo. Potrebbe questo costituire una comunicazione implicita che siamo più
interessati al suo viso? Implicitamente, come il lettino indicava una posizione di
neutralità, così il setting col paziente dietro ad un tavolo indica altre cose. Possiamo
immaginare un setting diverso nel futuro? Per esempio più simile ad un salotto?
Ad ogni modo ho provato a concentrarmi sulle mani e mi sono sorpreso a notare
quante cose mi erano sfuggite sulla loro espressività.
Ad esempio, quali vergogne celano le mani quando nascondono il viso, la nudità ed il
sesso, o quali virtù pudiche esprimono facendo ancora la stessa cosa?
con le mani facciamo movimenti che sono un mezzo per calmarci e si muovono per
aiutarci nella autoregolazione, cosa ben visibile fin da neonati, si muovono per
consolarci durante l’agitazione, quando si incrociano sul petto in segno di pace o si
congiungono nel momento della preghiera dei credenti e in segno di rispettoso saluto
tra le persone in oriente.
Mani e braccia agiscono sull’attenzione quando impediscono con il loro moto
scoordinato di concentrarci sulla visione di qualcosa o segnalano agli altri dove siamo,
ma anche ci invitano alla condivisione quando si allungano con le dita per farci dirigere
verso qualcosa da osservare.
Le mani stringono altre mani per indicare franchezza, sostegno, per indicare una
presenza di alleanza forte, ma anche per indicare violenza o per dare un addio
addolorato da uno che parte, si contorcono strette nell’intensità del dolore, della
paura, dell’angoscia, le mani con le braccia si lasciano andare abbandonate senza vita
quando perdono la speranza, vivono la tensione pronta a scattare, la tensione
rabbiosa, ma anche possono esprimere un movimento molle, musicale in segno di
benessere, con esse accarezziamo e ci lasciamo accarezzare teneramente, le mani
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