consultazione, un tempo considerata ermetica e santificata, dove analista e paziente
colludevano nell’escludere la realtà della vita a favore di quella che era vista, con una
dissociazione “legittimata”,
la vita mentale di un singolo individuo
.
La nostra comprensione della soggettività e della psicologia umana è stata rimodulata
ispirandosi ad idee più sottili ed acute, emergenti dall’intersezione di molteplici campi.
Oltre al pensiero cardine di molti analisti relazionali, per esempio Mitchell (1993), Aron
(1997), Benjamin (1995), Hoffman (1983), Bromberg (1998), ecc., siamo guidati
dalle idee emergenti della teoria dell’attaccamento, delle ricerche sullo sviluppo
infantile, delle neuroscienze e della teoria della complessità.
Come del resto abbiamo apprezzato i suggerimenti forniti dai teorici delle scienze
sociali e le proteste delle minoranze, tradizionalmente escluse dal dibattito
psicoanalitico.
Pertanto, vengono considerati anche temi come il genere, la razza, la povertà,
l’esclusione politica, l’esilio e l’immigrazione ed i loro effetti insidiosi, spesso
devastanti, sulle vite nostre e degli altri (Corbett, 2010).
La matrice relazionale assume ora un ruolo centrale per il quale l’interdipendenza delle
funzioni mentali, del coinvolgimento conscio ed inconscio dell’analista e del paziente,
definiscono il campo in modo critico – un campo mutevole che varia costantemente
con l’emergere di nuove prospettive intrapsichiche e interpersonali.
Racconti all’interno di altri, impliciti ed espliciti, che generano nuove storie, sempre
nel contesto di molteplici stati del sé che oscillano e si incrociano.
Dissociazioni ed
enactment
sono ora considerati ineludibili per entrambe le parti della
diade analitica, sulla base dei residui traumatici ed affettivi innescati nel dispiegarsi
non lineare dell’incontro analitico.
Trovando e ritrovando ed essendo costantemente alle prese con il paradosso, non
possiamo più semplicemente ritirarci nel ben noto, quanto illusorio rifugio di certezza
e teoria.
Ora sappiamo che l’influenza dell’interpretazione e dell’
insight
è preceduta e
soppiantata dall’esperienza e dalla negoziazione descritta attraverso il processo di
comunicazione implicita ed esplicita intrapreso da due soggettività. “la nostra
comprensione riflessiva della relazione è sempre come minimo un passo indietro alla
relazione stessa” (Stern, 2012).
Similmente, l’azione terapeutica è percepita come il movimento in avanti creativo,
sperato e sentito, emergente dallo scontro con le inevitabili collisioni o momenti di
difficoltà, se non addirittura lancinanti momenti di impasse, che accadono
esperienzialmente nella diade analitica.
Data l’imprevedibilità e l’importanza del mantenimento della dialettica tra ciò che
Hoffman definisce come disciplina e spontaneità, tra riflessione ed espressione, tra il
tenere lo spazio aperto in modo ottimale, da riuscire a mantenere il movimento, ma
sufficientemente protetto in modo da non scivolare in un’ angoscia paralizzante, ci
confrontiamo con sfide più grandi di prima, ma, allo stesso tempo, opportunità
maggiori per mantenere vivi noi e il nostro lavoro.
Grazie a questo ri-modellamento dell’incontro analitico noi ci confrontiamo ora, più
che mai, con i nostri vissuti complessi del nostro sé come analisti, le nostre ansie, le
nostre nodose superfici, le nostre “zone calde” spesso non ancora espresse che si