avvolgono il mento nella posa del pensatore, le mani si aprono in gesti ampi che
segnano respiri di pensiero alto.
Le osserviamo affettate in posa da fumatore, sensibili e capaci di sfiorare, chiuse in
pugno per difendersi o per offendere, mosse con velocità, mosse con solennità,
ammorbidite dalle creme, secche, ossute dalla denutrizione, dalla vecchiaia, contratte
dalla rigidità. Le mani presentano una persona come debole o come forte.
Le mani indossano i guanti per proteggersi, per eleganza, per il freddo, per ripararsi
da ferite, per necessità legate alla specificità del lavoro, per non contaminarsi. Le
mani toccano con sensualità, le mani addirittura pensano – mi ha detto un artigiano -
quando si lascia guidare da loro nel fare e dal loro sentire, le mani pensano quando
guidano la tattilità e la sensibilità dello scultore, del falegname, della sarta. Con esse
si esprime la liturgia della benedizione, si uniscono i lembi di un cappotto con la grazia
di una donna, le mani sono di un uomo bianco, di uno nero, sono burrose, nerborute,
curate dalla dignità, calme, riposate. Ci sono mani con gioielli prepotenti che vogliono
mostrare il potere del denaro, mani che fanno rumore con gesti sgraziati, mani che si
accompagnano alla semplicità di gioielli usati perché piacciono, perché sanno adornare
senza esibire. Quando il palmo della mano è tenuto verso l’alto, indicano che
contengono qualche sostanza, anche una sostanza discorsiva o stanno chiedendo un
aiuto?
In sintesi, le mani si muovono nella comunicazione con dialogo o senza, a seconda
della regolazione emotiva dell’interazione in corso. Chissà quanti altri movimenti
significativi impliciti possiamo ancora scoprire.
Il contributo della linguistica: Varela, Lakoff & Johnson, Sheets-Johnstone e
McNeill.
E’ stato il Gruppo di Boston a mettere in rilievo questo contributo. Alcuni linguisti
hanno avanzato delle idee sull’origine del linguaggio che hanno in comune la
condivisione della prospettiva della mente incarnata, un modo di dire che deriva dal
titolo “Embodied Mind” di Varela (Varela, F., Thompson, E., & Rosch, E., 1991). Varela
rimpiazza il dualismo dell’”errore di Cartesio” con una concezione integrata della
evoluzione di corpo e mente. Era un biologo che si dedicò anche alle neuroscienze ed
a studi sulla cognizione e sulla coscienza che lo portarono a ritenere che fossero
strutture le cui origini provenivano dal corpo e dal mondo fisico col quale
interagiscono.
George Lakoff e Mark Johnson (Lakoff, G. & Johnson, M. H., 1999), sulla scia della
mente incorporata, hanno mostrato quanto la parola si fonda sull’esperienza corporea
sensomotoria. Tre sono le tesi affermate: 1 - il pensiero è prevalentemente
inconsapevole 2 – la mente è intrinsecamente incorporata 3 – I concetti astratti sono
largamente metaforici. Queste tesi implicano che le parole sono "primary metaphors”,
metafore primordiali dell’esperienza corporea che c’è stata, pensiero e linguaggio sono
condizionati dalla nostra struttura percettiva e non sono possibili un pensiero e un
linguaggio disincarnati e privi di metafore. Queste tre tesi, secondo loro,
rappresentano le più importanti scoperte della scienza cognitiva occidentale.
Come detto le parole sono metafore primordiali, sono modi verbali di nozioni implicite
con le quali abbiamo iniziato a sperimentare la realtà col nostro corpo e quindi il corpo