di cambiamento e creatività nella relazione, allentando la presa del ripetitivo e
trasformando la mancanza in possibilità.
Tra i lavori degli infant researchers che hanno contribuito a sostenere il cambio
di paradigma, nella teoria e nella clinica psicoanalitica, dall’intrapsichico
all’intersoggettivo, spostando l’enfasi dai processi di “separazione-individuazione”
(Mahler, 1975) a quelli di “attaccamento-individuazione” (Lyons-Ruth, 1991) -
evidenziando le competenze dialogiche, preverbali e non verbali, del neonato e degli
adulti a entrare affettivamente in sintonia con gli altri esseri umani - quello di Sander
ha il pregio di mantenere l’attenzione sia all’individualità che all’intersoggettività.
Sander considera, dalle prime fasi di vita, l’individualità e l’intersoggettività
come due poli coesistenti di uno stesso sistema, declinati nelle iniziative di
autoregolazione: “essere distinti da”; e nelle capacità di sintonizzazione con l’altro:
“essere insieme a”. Poli che rappresentano le condizioni essenziali per l’esperienza di
relazione, o, di “connessione”, con un altro. (Sander, 1991).
Polarità potenzialmente in conflitto che si integrano, a diversi e crescenti livelli
di complessità con lo svolgersi dello sviluppo, grazie al buon adattamento reciproco -
frutto di un processo di continua negoziazione e coordinazione - tra bambino e
caregivers. Processo - sostenuto dagli affetti positivi che coinvolgono sia la
dimensione individuale che quella intersoggettiva - che trova nei “momenti di
incontro” (Sander, 1991b; BCSG, 1998), la spinta motivazionale a promuovere
ulteriori negoziazioni tendenti a raggiungere altre vitalizzanti occasioni di connessione
emotiva nelle quali vi è un momento condiviso di riconoscimento reciproco. Quello che
Winnicott definiva il “momento sacro” dell’essere conosciuto (Winnicott, 1971).
In questo modello l’individualità evolve, dall’agency del neonato - considerata in
termini di autoregolazione, autocorrezione (self-righting) e autorganizzazione, come l’
“attività primaria” di un sistema biologico - in un costante rapporto di reciproca
influenza col contesto relazionale. Contesto che può, o meno, supportare e favorire le
iniziative di autoregolazione e autorganizzazione, sia negli scambi interattivi con i
caregivers, che negli “spazi aperti” (Sander, 1995). Situazioni, queste ultime, in cui il
bambino - libero dalle esigenze di regolazione nell’interazione - può “creare”
l’esperienza della propria agency (Lachmann, 2011) sviluppando quella che in seguito
può essere definita come sensazione di “autenticità” delle proprie iniziative e pensier
.
Se tale esperienza è confermata e riconosciuta dagli adulti significativi - come ad
esempio nella sintonizzazione emotiva che convalida e amplifica gli affetti positivi
i
Lachmann (Lachmann, 2011) situa negli “spazi aperti” del lattante gli inizi comuni della creatività e
dell’individualità emergente, di fatto anche il periodo tra i 10 e i 18 mesi rappresenta una fase evolutiva
importante per lo sviluppo di un senso di Sé autentico e delle capacità creative del bambino (Riva, 2011).
Infatti con l’acquisizione della deambulazione e la maturazione di ulteriori funzioni cognitive, le attività
esploratorie del bambino si ampliano, e le emozioni positive legate a tali attività - già evidenziate nel
lattante - raggiungono un apice. Vari autori descrivono l’esaltazione - eccitazione e felicità - nonché
l’energia instancabile, che accompagna il bambino in questa fase di vita. Il “piacere del funzionamento” si
estende “al corpo, agli oggetti e agli obiettivi della sua “realtà” in espansione.” (Mahler, Pine, Bergman;
1975). Il bambino o la bambina nelle loro attività interagiscono col proprio ambiente con una modalità in
cui la differenza psicologica tra scoprire e inventare è sfumata e sembrano effettivamente creare con
gioia “il proprio mondo nel mondo”. In questo stesso periodo di “grandiosità” si colloca l’insorgere della
vergogna, emozione spiacevole e disorganizzante, sperimentata come brusco calo di entusiasmo dovuto
alla sorpresa della violazione delle aspettative di responsività affettiva della figura di accudimento al
momento della riunione con essa (Schore, 2003). Anche in questa fase quindi le vicissitudini relative al
processo di regolazione delle esperienze affettive del bambino con chi che se ne prende cura saranno
dirimenti per lo sviluppo successivo.