Si disegna sul suo viso il fantomatico sorrisetto che questa volta perdura.
A.: ” Ho notato che lei, ultimamente, insiste circa l’esistenza di quel “famoso verbo”
che mi menzionò durante il nostro primo incontro. “SENTIRE”…”
Lungo silenzio. Attendo.
“ Ho molto riflettuto … e sono giunto ad una conclusione. Per suo sicuro diletto, userò
una metafora, linguaggio a lei tanto caro.
E’ come se, bambino, io mi sia trovato in fila insieme a tanti altri bambini, in attesa
del mio turno di fronte ad un “baracchino”. Veniva qui elargito amore, considerazione,
accoglimento, sicurezza e tanti altri sentimenti che permettono di sentirsi vivi,
accettati e di creare legami. Quando arrivò il mio turno, il “baracchino” venne chiuso
bruscamente. Non mi avevano accettato, ero forse inadeguato, non degno di nota. Io,
da allora, sono ancora lì, di fronte a questa saracinesca chiusa … e aspetto”.
Per la prima volta sento un moto reale di simpatia per la persona davanti a me.
“Il baracchino”
Il “baracchino” diventa un luogo metaforico nel quale incominciamo ad affrontare
l’idea di relazione. Uno spazio di gioco in cui ci possiamo permettere di far vivere
aspetti altrimenti non accettabili, nel quale iniziare ad arricchirci della presenza
dell’altro e quindi di un suo riconoscimento. Finalmente appaiono le persone.
Il “baracchino” diviene anche la nostra “scena modello”.
Lichtenberg dice: “Le scene modello illuminano e catturano esperienze rappresentative
di temi motivazionali salienti consci ed inconsci. Costruite all’interno dell’interazione
paziente-analista, comunicano l’esperienza in forma di “quadro” e quindi “valgono più
di mille parole” .
Come di fronte ad una tela accennata a carboncino, cautamente aggiungiamo i colori.
Le persone popolano i racconti. Io comincio ad esistere per lui e con lui, e finalmente
si affaccia un timido “noi” nella relazione.
“La marea nera”
Un giorno, come ogni tanto succede, mi ritrovo impegnata a sostenere una delle sue
solite esibizioni erudite.
Il materiale che emerge diviene spesso metafora, anche se, come in questo caso, mi
trovo a rimestare, faticosamente nei meandri della mia memoria liceale.
Provo frustrazione nel non ricordare. All’improvviso si fa’ strada un’idea e dico: “ Che
brutta sensazione trovarsi davanti al baracchino chiuso …”
Amedeo sussulta: “ Come sarebbe?”
V.: “In questo momento sono inadeguata, non ricordo … quindi il baracchino si è
chiuso.” e sorrido.
Mi guarda con aria incuriosita.
Non menziono il fatto che sia stato lui a mettermi in quella posizione, ma con molta
delicatezza affrontiamo come, nel passato, suo padre lo abbia fatto sentire inadeguato