di fronte alle proprie erudite conoscenze e per nulla amato ed accettato a causa di una
sua, di A., supposta pochezza.
Suo padre ha chiuso il “baracchino”.
Finalmente parliamo di questo argomento che esploriamo per diverso tempo.
A.: “ Più di così non riesco … riesco solo a vedere all’orizzonte una marea nera che
potrebbe sommergermi”
V.: “Il Nilo sommergeva sempre le terre, ma dopo l’esondazione, al suo ritiro, la terra
rimaneva fertile e dava buoni frutti.”
A.: “Il colore è nero … la parola che potrei associare è … “collera”, forse … è questo il
nome di questo sentimento? Non riesco però a dire di più.”
La “marea nera” arriva inesorabile.
Attraversiamo un lungo periodo buio dove emerge prepotente la rabbia. Arrivano
ricordi e rapporti vissuti con il padre e la madre nel corso del tempo.
E’ un periodo travolgente, mi sento a volte in difficoltà a reggere tutta questa furia,
questo rancore e a volte anche l’odio che arriva ad ondate, ma mi accorgo che
teniamo duro, forse perché A. comincia ad affidarsi.
“La musica e la dark room”
Dopo quasi due lunghissimi anni, incominciamo a rivedere il sereno all’orizzonte.
Il nostro “Nilo” si sta ritirando e ci muoviamo faticosamente nel fango e nel “limo”.
Amedeo porta in seduta “Lettere a mio padre” di Kafka e cita: “ Mi è sempre stata
incomprensibile la tua assoluta insensibilità al dolore e alla vergogna che suscitavi in
me con le tue parole e i tuoi giudizi, era come se non ti rendessi conto del tuo
potere”… Le è piaciuto? Mi ha quasi illuminato leggere queste lettere. Non ho ancora
fatto pace interamente con mio padre, ma penso di non odiarlo quasi più”.
Ricominciamo anche ad assaporare la presenza della musica nella sua vita e nelle
nostre sedute.
A.: “Ha presente il programma di musica che seguo? Le parlo spesso dei pezzi che
vengono presentati e commentati. Oggi sarà contenta, vorrei parlarle del conduttore.
Un personaggio davvero speciale, “Lui” il “professore”
“”Lui” è molto bravo, non solo erudito. Riesce sempre a trovare un collegamento tra
tutti gli elementi. La musica, i musicisti, il compositore, il pubblico, insomma, come lei
dice sempre, la “complessità” delle relazioni. Inoltre comincio a capire il significato
delle parole dei miei insegnanti di musica. Sto iniziando a suonare il piano in modo
molto diverso. Non saprei dirle come … ora mi ascolto più volentieri.
Contemporaneamente un giorno entra in studio e mi racconta di essere stato in un
posto che si chiama “dark room”.
Sinceramente incuriosita, mi faccio spiegare di cosa si tratti.
A.: “Si trova in alcuni locali gay, molto particolari. E’ una stanza buia, e buia davvero,
nel senso che non si vede proprio nulla. Al centro si trova un letto, spesso rotondo. Si
può accedervi da soli o accompagnati ed all’interno si entra in contatto fisico con una
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