Allora analista e paziente lavorano insieme per trovare una soluzione. Non può essere
facile (…) in genere è l’analista che deve precedere…” (Mitchell, 1993; pag. 66)
Tre brevi esemplificazioni cliniche evidenziano meglio quanto questa
disposizione del terapeuta coinvolga sia i processi impliciti dello “stare in relazione
con” che quelli espliciti di esplorazione e riflessione collaborativa, di cui le
“interpretazioni” possono essere un legittimo aspetto. Il primo brano è preso in
prestito dal lavoro presentato da Gianni Nebbiosi in un Panel della conferenza IARPP di
New York 2012 in memoria di Mitchell, gli altri sono tratti dalla mia esperienza
professionale.
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Ernesto e Gianni hanno lavorato per tutta la seduta su un sogno importante e
quasi in chiusura si trovano a commentarne di nuovo l’ultima parte, in cui Ernesto
vede entrare un cameriere che annuncia “la torta e servita” ma sul carrello non c’è
alcuna torta.
“La scena del cameriere mi fa pensare… Ma come mai non ci ho pensato prima …! È
una sensazione più generale rispetto a lei. È come se lei fosse l’analista/cameriere che
è convinto di portarmi la torta del compleanno. Sembra proprio convinto che la torta
ci sia. Insomma lei mi sembra a volte troppo ottimista. Io non ho mai ricevuto una
torta del compleanno; la torta era sempre degli altri bambini, non era mai la mia. Io
non sono abituato a ricevere torte… [in tono assertivo] si rassegni ad avere un
paziente così! [poi in tono più paradossale]: probabilmente non esisto, probabilmente
non sono mai nato, che torta vuole che mi aspetti!!”. Dissi “Eppure il sognatore si
aspetta che sia ‘il compleanno di qualcuno’. Non crede che quel qualcuno potrebbe
essere lei?” Dopo un lungo silenzio disse: “È possibile, ma questa è una possibilità,
non una realtà”. Risposi “Forse la torta che manca non è un’assenza. Forse è una
possibilità”. La seduta era finita e sulla porta Ernesto sorrise e mi disse “Sogno
interessante, vero!?”. Lo guardai con intensità e risposi “Sognatore interessante,
vero!?”. Si fece una gran risata e disse: “Indubbiamente questa è buona! A lunedì”
(Nebbiosi, 2012)
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Stefano fin dalla prima telefonata in cui richiede un appuntamento per cominciare una
psicoterapia si mostra molto diffidente e ansioso ponendo vari problemi di orario, di
distanza dello studio, mezzi per arrivarci, ecc. ecc. Rivelerà subito un profondo timore
di essere rifiutato unito al vissuto di meritarselo per la sua incapacità, inadeguatezza e
indegnità, soprattutto nelle relazioni con le donne. Ha trenta anni. Quando è nato la
mamma ne aveva diciassette, fin da piccolo ricorda le sue frasi “mi hai rovinato la
vita”, “se non ci fossi stato tu le cose sarebbero andate molto meglio” e così via…
“ambivalenza” materna solo parzialmente mitigata dalla nonna che pur prendendosi
cura del bambino la pensa allo stesso modo riguardo all’errore della figlia. Il padre è
scomparso da subito dalla loro vita e i tentativi di Stefano adolescente di ricontattarlo
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