PARLANDO DI DIO... RELIGIOSITÀ E SPIRITUALITÀ NELL'INCONTRO
TERAPEUTICO: UNA TRASFORMAZIONE RECIPROCA
Ingrid Pedroni
parole chiave:
Riconoscimento, mutualità, valorizzazione di sé nell’incontro con Dio come altro da sé.
“L’uomo nasce in pezzi… e la grazia di Dio è colla”
Eugene O’Neill
Il grande Dio Brown
Uno dei tratti salienti della psicoanalisi contemporanea è a mio giudizio il
cambiamento radicale del significato attribuito alla cultura, ai valori e particolarmente
alle convinzioni religiose, ritenute non più il risultato di un gravoso processo di
sublimazione degli istinti primari, ma una parte essenziale della soggettività di
ciascuno, l’oggetto sé per eccellenza come lo definisce Kohut nella sua conversazione
con Strozier (1985). Sul piano teorico questo rovesciamento deriva non solo dal
superamento della concezione pulsionale verso teorie della motivazione e del
configurarsi psichico a partire dalle relazioni oggettuali, ma anche dall’ attenuarsi della
distinzione tra processo primario e processo secondario, dalla individuazione di
un’area di esperienza intermedia in cui la realtà, intessuta di tonalità soggettive, lascia
in ombra la netta differenziazione tra soggetto e oggetto e apre lo spazio alle più
diverse manifestazioni della creatività, della spiritualità e della stessa esperienza
religiosa. Pur con diversità non secondarie, riferibili soprattutto alla visione di questa
dimensione nella primissima infanzia, sia Winnicott (1953) che Loewald (1988) non
rinvengono in questa modalità terza dell’esperire uno scivolamento regressivo, il
permanere in una condizione infantile come rifugio dal sentimento della propria
umana impotenza, o la ricerca nella pratica del culto e nel rito di un modo per
esorcizzare i residui di una qualche colpa edipica (Freud, 1927, 1913). Jung, che pure
aveva colto le possibilità creative di una diversa percezione della realtà, da lui definita
participation mystique
- termine tratto dall’antropologia di Lévy–Bruel - aveva
ricondotto il fenomeno religioso all’emergere di componenti archetipiche. La valenza
pressoché oggettiva di queste ultime ha portato a definire il suo pensiero una sorta di
“psico-teologia autosufficiente” (Bartolomei 1992, Jones 2002), in cui l’esperienza
religiosa coincide con ciò che emerge come dimensione
numinosa
e sacrale dal
substrato dell’ inconscio collettivo nella psiche individuale. Nella psicoanalisi
contemporanea appare invece essenziale il significato che l’esperienza religiosa riveste
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