caso volontariamente, le persone che ama. Non vi è quindi una perdita definitiva, ma
un abbandono più o meno duraturo che espone, sia chi parte sia chi resta, all’oblio. La
paura di essere dimenticati, ma anche di dimenticare, è una costante dei primi tempi
di lontananza dal proprio paese e coinvolge anche i familiari e gli amici che restano.
In secondo luogo, questo “lutto migratorio” implica la separazione da gran parte di ciò
che è stato il proprio mondo fino a quel momento: luoghi, spazi, oggetti, relazioni,
affetti, interessi, impegni, vincoli, odori, sapori, lingua, valori, cultura...
Ogni volta che ci troviamo di fronte a separazioni facciamo ricorso alle risorse
psichiche e relazionali di cui disponiamo, per affrontare il cambiamento e le perdite
collegate. La capacità di elaborare il lutto dipende dal modo in cui sono stati affrontati
i lutti precedenti e dall’equilibrio psichico che ne è risultato e sarà più facile da
elaborare, quanto più nella storia personale si saranno sperimentante esperienze
affettive e relazionali positive.
Trasferirsi temporaneamente o stabilmente in un paese diverso da quello d’origine è
un processo che, insieme ai cambiamenti esterni, mette in moto tutta una serie di
cambiamenti del mondo interno degli individui. Del resto questo è facilmente intuibile:
cambiando il mondo esterno cambia necessariamente anche il modo in cui ci si
rapporta a esso; cambia la propria posizione rispetto agli altri e dunque anche il modo
di sentire e pensare se stessi.
Credo che la particolarità di questa terapia, che si è svolta in meno di un anno, con
l’incertezza che la data della partenza potesse essere in qualsiasi momento, ha
segnato il tipo di lavoro fatto.
Alice ha una storia segnata di separazioni forzate e poco condivise, come quella con il
suo ex marito; ha un legame invischiante con la madre, che non facilita la
separazione. Sicuramente le esperienze di allontanamento per lei hanno un
significato di strappo e di rottura dolorosa
La terapia si è concentrata sulla elaborazione del lutto, nel contattare il dolore per la
separazione, insieme al riconoscere i vissuti positivi che potevano funzionare da “base
sicura” per affrontare il naufragio.
In questo lavoro analitico non è stato marginale il fatto che l’analista fosse anche lei
una migrante, proveniente dal paese nel quale la paziente si dirigeva.
Il conoscere i luoghi, la città dove Alice sarebbe andata, ha facilitato nella paziente la
costruzione di rappresentazioni mentali più riassicuranti su questo nuovo mondo,
tanto idealizzato quanto temuto.
Howard Bacal nella “Teoria della specificità” sostiene “.....ogni processo terapeutico
è irripetibile; è tanto specifico quanto lo sono i partecipanti nella loro interazione. In
altre parole, l’efficacia terapeutica è una funzione della specifica capacità di
responsività necessaria che emerge all’interno di un particolare sistema terapeutico;
in psicoterapia e in psicoanalisi, il sistema è costituito da una particolare diade. La
Teoria della Specificità riconosce che ciò che ogni terapeuta offre distintivamente a un
particolare paziente, in qualsiasi determinato momento, include ma anche trascende
considerazioni sia teoriche che tecniche; le risposte del terapeuta sono in effetti
determinate da chi è il terapeuta e da chi è il paziente nella loro interazione in quanto
individui, per innumerevoli aspetti.”(Bacal H.,2005)
Parallelamente all' affrontare questo duro lavoro, che implica la separazione dal posto
di origine, si inizia a selezionare le cose che si possono portare e a cercare di farle
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